E’ consigliabile leggere il post di cui sotto ascoltando:

« Europe is different », Yuppie Flu
o
« l’Europe », Noir Desir

Domani sul tardi (o dopodomani molto presto) saranno cinque anni di euro. Di quelle banconote e di quelle monete che teniamo tutti in tasca, senza ormai dar loro più alcun peso che non sia quello prettamente economico.

Ricordo la notte di capodanno di cinque anni fa, sembra passata un’era geologica. La serata con gli amici, la colazione al bar sulle sei di mattina dopo aver recuperato tutti i superstiti e la mia prof di filosofia che stava anche lei al balcone. Evidentemente brilla. Pagammo in euro, con le monete dei kit che giravano da un po’. Il mondo ci cambiava sotto mano, ne avevamo le prove, volevamo spenderle, usarle, sentirle. La sera uscii apposta con il bancomat di mia mamma, prelevai una trentina di euro, non ricordo bene. E tutti se li passarono di mano, per vederli. Il mondo ci cambiava sotto mano, ne avevamo le prove, avevo solo 17 anni.

Ricordo una sera di finestate, ostello a Firenze, in gita con gli amici, tre estati fa. Si era riunito un gruppetto continentale, due tedesche, un austriaco, una francese e c’erano, vicino a noi, un po’ di americani. L’inglesizzato del gruppo (che sarei io, anche se non ho mai capito perché!) fu mandato ad attaccar bottone. Ci mettemmo a parlare. Erano diversissimi da noi. Come nei loro film: l’anno sabbatico dopo l’università in California, abituati alle dimensioni senza spazio, con l’unico progetto avere una barca di soldi dicevano, grazie alle nuove tecnologie dicevano. Tornando in camera noi tutti avevamo una nuova consapevolezza mai sentita prima. Di fronte agli americani ci eravamo sentiti prima di tutto europei, poi ognuno del rispettivo cantone.

Oggi la sensazione di quella sera pare essersi un bel po’ raffreddata. L’Europa va avanti solo a patto che nessuno ne parli. Solo di quanto siano aumentati i prezzi con l’euro si puo parlare. Solo quando qualcosa va male ci si puo rivolgere ai tecnocrati di Bruxelles. E il mondo non sembra più cambiarci sotto mano, ci mancano le prove.

La costituzione europea è stata affossata (giustamente forse) un annetto e mezzo fa, proprio nel paese in cui vivo ora. Non si è ancora ripartiti.

Eppure io che vivo qui sento la comodità, prima di tutto, di essere europeo, nessun documento da fare, sono stato in Erasmus, ho potuto studiare in tre università diverse in quattro anni senza problemi, parlo tre lingue comunitarie, sento che un’integrazione non sarebbe neppure troppo difficile. E sarebbe cosa buona perché essa è ricchezza.

Siamo, bene o male, sottoculture che derivano da una base comune. Ci siamo fatti la guerra in ogni modo prima di capire che collaborare era molto più utile. Parliamo lingue che derivano tutte da un unico ceppo. Siamo diversi da quelli che stanno oltre i nostri confini, non c’è americano, arabo, africano, asiatico che possa reggere il confronto. Per loro tra noi c’è la differenza che passa tra un bergamasco e un bresciano, tra un lucchese e un pisano, tra un cesenate e un forlivese (uso sempre esempi per cui vale il detto: meglio un morto in casa che un X alla porta, sia chiaro!)

Cominciamo allora a superare un po’ del blocco, prima di tutto psicologico che ci separa senza motivo. Superiamo un po’ i nostri limiti da quartiere e guardiamo avanti, facciamolo per chi verrà dopo di noi, facciamo loro questo piccolo favore.

Qualche povera idea per contribuire a costruire il più bel progetto che la storia possa aver vissuto, perché altro non sarebbe una comunità di 600 milioni di persone che collabora e si costituisce in maniera pacifica:

• Incentiviamo in ogni modo le traduzioni di libri, articoli, pagine web, podcast, quel che volete…
• Rendiamo un anno o anche soli sei mesi di studi universitari obbligatori in un altro paese dell’Unione Europea oltre quello di nascita (spesato)
• Rendiamo obbligatorio lo studio di due lingue dell’Unione. Se volete l’inglese e una seconda a scelta
• Facciamo ripartire il progetto costituente in maniera diametralmente opposta: suffragio universale e elezione di un’assemblea costituente senza che partiti e commissione ci mettano mano
• Formiamo dei ministeri e delle autorità comuni che si sostituiscano e non si aggiungano a quelle nazionali
• Vorrei anche dire formiamo un seggio unico all’assemblea delle Nazioni Unite, ma qui si parla proprio di fantascienza…!!!

Facciamoci qualche favore per l’anno nuovo. Ricominciamo a parlare di tutto questo. E che l’interesse salga dai cittadini, la politica non puo che essere contenta dell’attuale sdoppiamento delle poltrone. Quindi cominciamo a costituirci come gruppo di pressione in maniera autonoma.

Ho un sogno, anche molto divertente. Che a governare la regione italiana capiti un giorno un finlandese e che il nostro eletto sia spedito che so, in Danimarca. Avremmo tutti i migliori lati della collaborazione e dell’interculturalità: controllo reciproco, attenzione e una sempre nuova ricchezza da acquisire dai nostri nuovi fratelli di nazione.

Vorrei non restasse semplicemente tale. Vorrei di nuovo poter scrivere che: “Il mondo ci cambiava sotto mano, ne avevamo le prove, volevamo spenderle, usarle, sentirle e riderci sopra in una ventina di lingue diverse. Tutti insieme, la notte di capodanno”.

Questo, e che il più possibile di voi lo riprendano e ne parlino è il mio “piccolo” desiderio per il 2007

Auguri a tutti

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