C’è un problema quando si hanno rapporti con i poeti. Il problema deriva dal fatto che il poeta è una creatura patologicamente bisognosa di amore. Una creatura in subbuglio con cui non si può mantenere un’amicizia generica e blanda. Non si può aspettare che il poeta ci scriva, bisogna scrivergli, non bisogna aspettare che ci accarezzi, bisogna accarezzarlo. Col poeta non ci possono essere pratiche attendistiche o interlocutorie, bisogna gettargli in faccia il nostro amore o il nostro odio, bisogna tenerlo ben vivo nella nostra mente, bisogna pensarlo, parlargli delle sue parole, raccontargli le sue storie. Uno allora può dire: a che serve tutto questo? Arminio pensa che alla fine non serva al poeta, perché il poeta non ha mai bisogno di quello che gli viene dato. Pensa che tutto questo serva a chi dà, a chi si protende a lenire le varie disperazioni del poeta. L’atto di guarire chiude le ferite, ma solo al guaritore. Lui dice queste cose perché per molti anni è stato poeta o comunque crede di aver vissuto in una postura poetica. Adesso non sa bene in che postura vive, ma crede di essere, almeno in parte, uscito dalla postura poetica. Quelle cose che voleva le vuole ancora, anche se adesso gli servono meno. Vuole ancora che la gente gli telefoni, gli scriva, lo accarezzi. Non accade a tutti, non tutti hanno questo bisogno perenne degli altri. Ecco, il poeta è quella creatura che non puo stare in questo mondo ed è la persona che più ha bisogno delle cose del mondo. La sua è una bulimia spirituale e proprio perché è spirituale non conosce limiti e confini. É molto grave che il mondo abbia dichiarato un vero e proprio embargo verso i poeti. Il mondo degli uomini adulti, il mondo dei disperati che vogliono distrarsi odia i disperati che invece cantano la loro disperazione. Tra le tante guerre in corso, strisciante e non dichiarata, c’è quella che vede i poeti come vittime. É una storia antica. Cristo fu crocifisso perché era un poeta. Forse il fatto che si ritenesse figlio di Dio è solo l’aspetto delirante che sempre prolifera ai margini di una personalità eccezionale. Ai tempi di Cristo il mondo non era affollato di segni come adesso e quando qualche segno era potente non era difficile accorgersene e magari provare a circoscriverlo, o a cancellarlo o a esaltarlo. Oggi i segni dei poeti sono oscurati per prima cosa da una pletora di falsi poeti. Ogni giorno una cenere sottile cade, attimo dopo attimo, sulle spalle degli spiriti più luccicanti. Lo scopo è opacizzare tutto, rendere tutto intercambiabile, omologabile o smerciabile. Questa è una società totalitaria e come tale non può che essere ferocemente ostile al grido solitario del poeta, alla sua natura irrevocabilmente intangibile. Il poeta è fuori dall’umano e come tale è un pericolo. Gli uomini possono tollerare che ci siano i cani, le nuvole, i marciapiedi, non possono tollerare che esistano creature che hanno gli occhi, il cuore, le parole, ma che nulla hanno da spartire con loro.

(Franco Arminio, Circo dell’ipocondria, Le Lettere, 2006)

One thought on “I poeti (Franco Arminio)”

  1. bello… e molto vero… è tempo di un altro libro di poesie… il materiale ce l’hai 🙂 bacio

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