Luca riprende da Vittorio un argomento interessante. Date le analisi di marketing che ritengono il fenomeno del blogging come sempre più importante nell’orientamento verso l’acquisto da parte degli utenti, le aziende hanno cominciato ad invitare i blogger. Alcune di esse cominciano ad offrire anche rimborsi per le spese di viaggio o di alloggio. Poi se questi vogliono, potranno parlare di quanto visto e comunicarlo al resto della rete.

Questa mi pare un’ottima evidenza di come il blogging stia entrando davvero all’interno di un’ottica economica e quindi, come comincino a porsi problemi di ordine morale per i singoli.

E’ questo un processo che ritengo inevitabile e che condurrà a medio e a lungo termine ad una scissione della blogosfera in due, lasciando i professionisti da una parte e gli amatori dall’altra.

Come comportarsi chiede allora Luca di fronte a queste situazioni?

Personalmente concordo abbastanza con Vittorio, scrivere un’intestazione in cima ai post potrebbe non essere sufficiente e non tutti potrebbero farlo. Ma il problema che credo dovremmo porci é estremamente più ampio. Il blogging commerciale e promozionale, quale senso ha? Questo dovremmo chiederci, se il blog é una struttura tecnologica atta a far scaturire conversazioni, come le conversazioni possono conciliarsi con l’ottica economica?

Non credo ci sia modo di farlo senza giungere alla creazione di una forma di blogger ibrido, professionale, destinato a vivere del proprio lavoro e di conseguenza impedito all’interno dei limiti che lo stringeranno sempre di più. In quel caso il blogger diventa un’azienda ed é equiparabile ai vecchi media. Succederà lo so, ma per allora vorrei un bel simbolo rosso sulla pagina ad indicare chi conversa e chi vende il proprio lavoro, altrimenti sai la confusione…

Tuttavia la scelta di fare del blog un lavoro piuttosto che una passione é totalmente personale e non puo essere discussa al di là dell’individualità di ciascuno di noi. Io non credo accetterei ed amerei fare un lavoro del mio blog, ma é solo il mio pensiero. Che differenza sussiste in fondo tra i viaggi offerti ai medici dalle proprie case farmaceutiche e questi inviti finanziati? Il medico non dovrebbe accettare in quanto dovrebbe porre il bene del paziente davanti all’aspetto economico, il blogger puo vantare lo stesso rapporto nei confronti dei suoi simili? Probabilmente no, il blogger scrive quello che pensa, non si preoccupa primariamente di come gli altri lo interpreteranno e di una sua eventuale faziosità, essa bene o male emergerà nel corso della discussione. Ma vale lo stesso ragionamento anche per quella ristretta cerchia di blogger di una certa rilevanza all’interno della sfera nazionale? Ed esiste davvero questa sfera? Il blogger professionale, quanto é davvero vicino all’utente medio, quello che scrive il diario online e chiacchera con gli amici senza neppure sapere cosa sia un feed o un trackback?

Credo di non avere gli strumenti necessari per rispondere a tutte queste domande, ma se capitasse a me credo accetterei solo gli inviti che ritengo più importanti, salvo poi parlarne il meno possibile sul mio blog per un certo tempo o non parlarne affatto. Questo perché la visione che avro sarà influenzata da quanto mi é stato detto e dal modo in cui sono stato trattato e non potrei essere che maggiormente parziale rispetto al solito. Insomma, il mio pensiero é di limitare il più possibile l’interazione diretta con gli attori economici. Per non rompere il giocattolo insomma.

2 thoughts on “inviti? Meno possibile, grazie…”

  1. Nulla da dire in contrario, ma se una passione diviene un lavoro non é più una passione, ma un lavoro appassionante.

    Credo che possa cambiare qualcosa per gli altri, anche se magari a noi prende talmente tanto da non farci semplicemente scorgere la differenza…

  2. A me piacerebbe molto fare del blog un lavoro. E’ una passione, una passione forte, che mi porta anche a viaggiare. Sarebbe interessante ricevere un compenso economico per quella che è una passione.

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