Questi ultimi giorni mi sento un po’ cosi… Come dire, non saprei, ma di sicuro Vittorio ha avuto un sentimento non troppo dissimile e ne ha scritto sul suo blog.

Ecco, ultimamente si è parlato abbastanza su questo blog di argomenti vecchi come il cucco e assai fuori dalle imperanti logiche della rete e della comunicazione. Alla ricerca di qualche vecchia tradizione, di qualche antica pratica da attualizzare, da recuperare e da mettere al passo di questa società in cui viviamo.

L’impressione che ho colto, dalle prime uscite dell’anno in blogosfera (quel poco che conosco, quell’ancora meno che ho letto) mi hanno spaventato. Lo ammetto. Spaventato punto e basta. Ho come avuto un’impressione di propositi, di attese che personalmente non mi riguardano minimamente e che, ancora peggio, non posso condividere.

Si è parlato di trovare un modo per sviluppare nuove metriche, per superare quelle attuali e giungere a stabilire con chiarezza l’affidabilità degli argomenti trattati dai singoli, la loro influenza, le loro relazioni. E si parla di farlo per numeri, per teorie, giungendo, a mio avviso all’assurdo di credere le relazioni fiduciarie calcolabili. E’ semplicemente disumano…

Fino ad ora solo una certa parte dei pubblicitari e degli addetti marketing avevano creduto di poterlo fare (sempre smentiti dai fatti del resto). E se anche fosse, se davvero i blog non fossero altro che la presentazione digitale di una persona (cosa di cui dubito dato che io metto in rete solo certe cose, quindi c’è una mezza identità. Volontariamente), mettersi a giocare con questa, a calcolarne valore economico e sociale, credo non sia altro che l’ultimo passo della svendita di quanto di più intimo c’è nell’uomo.

L’idea di rete che circola in certi ambienti supera forse anche le persone, o le collega in maniera talmente stretta al denaro, agli idoli economici, ai feticci tecnologici da disumanizzare la parte sociale della rete. E tutti questi nuovi sistemi di comunicazione, tutti questi nuovi gingilli che ci permettono di passare il nostro tempo a far sapere a tutti dove siamo e cosa stiamo facendo, che tempo ci lasciano per fare realmente qualcosa? Non sarebbe meglio forse usarli solo per comunicare certe cose, quelle che riteniamo importanti, che vorremmo rendere note?

Non so, ho come l’impressione, davvero, che ci sia una tendenza a cercare un progressivo e volontario distacco dalla realtà. Delusi dal mondo di fuori ce ne ricreiamo uno migliore dentro, in cui tutti possono riuscire e possono recuperare laddove nella vita reale abbiamo, per i più svariati motivi, fallito.

Non sono mai stato d’accordo con Giuseppe quando parlava di cittadinanza digitale, contrapponendola a quella tradizionale. Ero, e sono convinto che le due debbano andare di pari passo e che di una sola cittadinanza di possa parlare, espressa attraverso due modi differenti. Ora la domanda che mi pongo, in questi giorni, è se davvero l’idea che c’era dietro la prevedesse come unica possibile, se essa dovesse sostituire, nei pensieri dell’autore, quella reale. E allora non solo non sarei d’accordo, ma aggiungerei anche peste e corna.

Sarà davvero che non capisco certe logiche, ma sinceramente a me della crescita della rete nel 2007 importa ben poco, vorrei che crescesse lo spirito critico delle persone in generale e vorrei che crescesse anche quello di chi usa la rete, che se avesse un uso moderato e maturo, pieno di senso. Lo vorrei perché solo coloro che sono consapevoli sapranno non farsene risucchiare e non rinunciare a una visione della realtà, che ben più dura di quella digitale, è comunque quella che ci appartiene.

Ora che abbiamo costruito e stiamo rendendo abitabili tutti i mondi possibili, chi desidererà ancora restare in quello sporco e brutto in cui siamo dati. Bisogna stare sempre più attenti a che i mezzi non assurgano al ruolo di fini. E presto temo bisognerà stare attenti “a scegliersi la parte dietro la linea Gotica”.

E per questo ho paura.

7 thoughts on “Inquietudini digitali”

  1. Giuseppe, era una citazione a naso dopo sei ore di pragmatica linguistica!!! Ovviamente andavo per eccesso, appena ho tre nanosencondi rileggo e saro più imparziale!

    Antonio, per l’identità riclerei piuttosto il concetto di frame di goffman, in ogni caso ne proponiamo solo un pezzo, adattandolo all’ambiente. Quindi anche in digitale, e forse più che in reale, ne presenteremo solo una parte mi sa. Poi ne parliamo comunque con calma a Roma se sopravvivo alle prossime due settimane!

  2. Beh…

    Anche se “da lavoro”, sono pur sempre un “filosofo”, quindi capisco quello che dici.

    A volte mi perdo anche io tra dettagli tecnici e l’ennesima trovata per creare Reti di contatti, gruppi etc che, alla fine, in queste quantità, frammentano più che amalgamare.

    Io non sono mai entrato a pieno nella vita attiva del blogger perché non sono mai riuscito a scrivere cono frequenza, ma ho sempre letto, e pure tanto.

    Dietro qualsiasi cosa esiste ancora SOLO l’uomo e quello rimarrà.
    Anche se si dovesse dimenticare, arriverà il momento in cui tragicamente ci si accorgerà dell’errore.

    Il business è fatto di persone e la comunicazione, di connessione tra queste persone. La tecnologia aumenta i contatti ma non può sostituire l’uomo.

    Sul fatto che il Blog sia una riproposizione virtuale delle identità invece sono d’accordo, non foss’altro perché non ci si può rpesentare al mondo sempre per quello che si è, quindi parziali lo siamo dentro e fuori il web!

    Per il resto se ne parla al RomeCamp
    😉

  3. Secondo me la questione della doppia cittadinanza l’hai un po’ fraintesa, ma va bene lo stesso 🙂

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