Eccoci qua a partecipare, un bel po ‘ in ritardo, ad un piccolo tentativo, ad una piccola riflessione sulla pubblicità oggi.

Credo sia doveroso partire da alcune precisazioni: il mio rapporto con la pubblicità è abbastanza ambiguo.

Da un lato mi sento un integralista capace di raggiungere volentieri i collettivi antipub, dall’altro ci ho persino fatto sopra la mia tesi di laurea. Ammetto volentieri come un certo tipo di pubblicità sia indispensabile alle imprese per tutta una serie di motivi di identificazione e di creazione di un sostrato comune per i prodotti, inoltre le pubblicità ben fatte, lo ammetto, mi piacciono davvero.

Passando verso un qualcosa di un po’ più pratico ritengo che la pubblitià sia una componente fondamentale della presentazione pubblica di un’azienda, che faccia parte di quel processo di comunicazione sincretico che presenta i valori, gli obiettivi, l’anima, se vogliamo, di una società nello stesso identico modo con cui lo fanno i prodotti venduti, il loro packaging, le loro buste intestate. Proprio per questo credo, non la sopporto nella maggioranza dei casi, perché queste aziende non hanno nulla o quasi da offrire se non la ricerca di un guadagno economico fine a se stesso.

Insomma, forse tutte le aporie che pensavo di avere nella mia posizione iniziale non ci sono, o magari non dipendono da me…

Ma scendiamo nel dettaglio

Che cos’è la pubblicità oggi?
Per pochissimi marchi oggi la pubblicità é un’attività semiotica complessa. E’ la ricerca e la creazione di testi che rappresentino il loro universo valoriale, testi da presentare al cliente, allo spettatore alla ricerca di una sua accettazione. E’ la vendita di valori ancora prima che di prodotti, soprattutto da quando c’é stato il grande salto verso le passioni.

Allo stesso tempo da quando questo avvenuto c’é il grande rischio di svalutare queste passioni, di renderle abiette e di giungere ad un inesorabile vuoto timico. La pubblicità oggi è comunicazione di valori rappresentanti l’azienda solo in quei casi (e potrei contarli sulle dita delle mani) in cui ci sia equilibrio tra la presentazione e i valori utilizzati. Per tutte le altre aziende la pubblicità è semplicemente rumore, confusione, caos gettato quotidianamente nell’universo dei valori il cui unico effetto, nei miei confronti, è quello di una malcelata non sopportazione. Un respingere il pacco al mittente in maniera alquanto sgarbata.

In tutti questi casi la pubblicità è perdita di tempo ed attenzione per me e di soldi per loro.

Quale ruolo dovrebbe avere?

La pubblicità, e qui so di trovare forti opposizioni, dovrebbe per me avere un semplice ruolo informativo. Sogno una pubblicità invisibile fino al momento in cui non ne sento bisogno, invisibile fino a mia esplicita richiesta, solo allora la vorrei, chiara, semplice e comprensibile.

L’invasività è una parola che non puo andare bene in questo campo, l’inseguire il cliente neppure. Vorrei una pubblicità su richiesta, di quelle che solo quando decido di voler cambiare auto mi si parano davanti agli occhi.

C’è questa idea della pubblicità che deve convincere, ecco no, non sono d’accordo, non credo la pubblicità debba vendere sogni, per il semplice motivo che da quando essa ha cercato di farlo li ha semplicemente uccisi i sogni. Quindi la voglio chiara, esplicita, divertente e soprattutto limitata.

La mia attenzione ha dei limiti, la pubblicità attuale no. Nella massa compio da solo questa scelta. Non so quanto sia comportamento comune, ma spesso non compro apposta un prodotto pubblicizzato, fa parte della mia personale riappropriazione di uno spazio che mi è stato sottratto. Quando voglio qualcosa mi informo e lo cerco.

Ricordo ad esempio quando comprai l’Ipod, due o tre anni fa, volevo sostituire il moi lettore cd, mi informai e chiesi ad un’amica negli Usa di comprarmene uno. In Italia la pubblicità della Apple ancora non c’era, avevo semplicemente cercato quello di cui avevo bisogno e l’informazione trovata era stata la sola pubblicità necessaria. Oggi non credo lo ricomprerei, ci sono troppi manifesti 6×3 nella mia stazione del métro, dicono di vendere sogni, io volevo solo un lettore mp3….

Cosa dovrebbe offrire per tornare a creare valore per l’utente?
Forse mi sono allungato un po’ nel punto sopra, ma eccole le conclusioni:

Non dovrebbe offrirmi qualcosa che non esiste per evitare la mia delusione post acquisto, c’è chi compra ancora per riempire il vuoto, io piuttosto non compro più da loro, producono sogni farlocchi.

Dovrebbe offrirmi reali motivi per comprare il qualcosa che mi offre e farmi capire come tutta l’azienda sia coerente dietro la propria immagine; non mi fido chi di mi offre un prodotto di lusso avendo una bottega terribilemente kitsch e una carta intestata da quattro soldi, non voglio comprare nulla da aziende schizoidi o che non sanno chi sono.

Vorrei che cercasse di vendermi solo una cosa alla volta, senza fare finta di consigliarmi stile di vita. Non credo sia stato il capitalismo a creare la maggior parte dei problemi sociali odierni, forse la pubblicità ne è più colpevole. E’ l’american dream di ciascuno di noi, quella ricerca non finalizzata che fa perdere ogni obiettivo plausibile.

L’offerta di mondi sempre più belli, sempre più improbabili e sempre più vuoti non ha fatto altro che privare la nostra vita reale della scoperta di tutti questi.

C’è bisogno di ricostruire adesso, di ribattere contro un caos che non riesce ad avere un senso, non siamo più in grado di ascoltare neppure le grida dei mercanti oramai.

Vorrei una pubblicità del silenzio, ora.

6 thoughts on “Io e la pubblicità”

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