Ricordo qualche discussione passata, due posizioni distinte, da un lato chi vede nel blog la costruzione di un’identità digitale a tutto tondo, dall’altra la mia posizione, secondo la quale il blog presenterebbe solo determinati caratteri di una personalità, un frame goffmaniano digitale diciamo.

 

Riprendo qui la questione, esplorando un poco il fenomeno Myspace, troppo spesso bollato come grezzo e banale dagli utilizzatori di blog e che, stranamente, nella propria ottica vede invece i blogger come pleistocenici, come adulti noiosi e ottusi, di fronte a quanto invece sa attrarre l’interesse giovanile.

 

Parto da un dato di fatto molto significativo. I blog nascono nel 1997 circa, oggi si stima siano tra 50 e 70 milioni nel mondo. Myspace nasce nel 2003, oggi ha 140 milioni di utenti per 39 miliardi di pagine viste al mese, in crescita del 20% (sempre al mese). Ovviamente tra i due non c’è confronto. Il vincitore è Myspace. Cerchiamo un attimo ci capirne alcune caratteristiche.

 

Myspace è facile da utilizzare e completamente gratuito. Basta iscriversi per essere guidati e accolti in maniera più che degna (il linguaggio usato è quello del proprio target, anche la mail di conferma “parla giovane”), e non ci sono servizi a pagamento. Bastano due minuti per creare la propria pagina e cominciare il grande giro dell’amicizia.

 

Myspace infatti non è altro che un’enorme ingranaggio che connette persone, o meglio, presentazioni di persone, secondo legami tematici. Dico presentazioni di persone perché l’utente medio di Myspace crea più di una pagina, più di un profilo, sdoppiando, triplicando, moltiplicando la propria personalità in rete. Egli potrà cosi essere allo stesso tempo un esperto cinefilo, un attivista antimperialista o un sostenitore di pratiche sessuali poco tradizionali. Allo stesso tempo e senza contraddizione alcuna.

 

Myspace è dunque un universo indefinitamente espandibile all’interno del quale questa generazione nata in rete può proiettare parti distinte del proprio ego, uno spettacolo di se stesso per gli altri, senza avere problemi di coesistenza tra i differenti sé che invece sarebbero normali nel mondo reale.

 

In questo universo formato da proiezioni di ego, non esistono infatti limiti sociali stabiliti, per due ragioni principali. Da un lato perché chiunque non sia d’accordo con noi o non ci ami puo non visitarci o puo essere fatto tacere per sempre con un semplice clic (escludendolo dunque), dall’altro perché le comunità si creano proprio sulla base degli interessi e di conseguenza sarà estremamente difficile trovarsi in disaccordo con i partecipanti al proprio clan (esso si è riunito infatti proprio sulla comunanza di quei valori).

 

Myspace inoltre nasce come sito per favorire l’incontro di artisti e, ad oggi, non ha ancora perduto questa linea di base, questo fondamento culturale. Ci si trova la maggiore concentrazione di creatività e di talento che il pianeta abbia probabilmente mai visto e se da un lato ci sono artisti divenuti famosi proprio grazie a Myspace, dall’altro le star riconosciute sono corse ai ripari, creando anch’esse la propria pagina e inserendosi nel grande vortice dell’amicizia collettiva. Amicizia collettiva basata sui valori teenager, sul rifiuto dell’autorità parentale e sulla continua scoperta tipica della giovane età.

 

Si potrebbe allora parlare di individualismo di massa o di egoismo partecipativo. Potrebbero essere due buone definizioni per cercare di inquadrare questo fenomeno sociale legato alla rete in generale e sviluppatosi in maniera cosi particolare in questo caso. I tradizionali codici di comportamento sociale sono letteralmente esplosi durante gli ultimi decenni e risulta molto più facile perdersi dentro questi labirinti alla ricerca dell’anima gemella, alla ricerca della musica più cool o dell’occasione che non si puo mancare. Questo processo è aiutato dal fatto che il labirinto non fa più paura dato che possiamo moltiplicare i “noi” che cercano la giusta via d’uscita. Alla moltiplicazione delle dimensioni spaziali fa fronte la moltiplicazione, la scissione dei frame identitari dell”individuo.

 

Di fronte a questa esplosione letterale, che figura da il povero vecchio blog? Fa la figura della televisione, fa la figura di un qualcosa di estremamente limitato, di qualcosa di complesso da usare, di qualcosa da vecchi, di qualcosa che difficilmente provoca interesse.

 

Il blog permette un’unica presentazione di sé, ci lascia un’unica possibilità di costruire un frame digitale da presentare agli altri, è limitante. E’ per chi deve cercare un lavoro forse, per chi appartiene al vecchio mondo e ritiene la moltiplicazione identitaria un qualcosa di negativo, è per chi ha bisogno di un’affidabilità che non sia continuamente ricostruita. Roba da matusa.

 

Quello su cui mi interrogo in realtà è una cosa che deriva da tutto questo. Se Myspace è solo un prototipo successivo a quello del blog, un superamento dei limiti del blog, delle sue parti rigide, a forza di moltiplicare non si rischia la perdita?

 

Parlando con un’amica psicologa due estati fa le parlai di come io vedevo il concetto di identità secondo un principio matematico, ovvero come sommatoria di tutte le identità presentate e presentabili da un singolo in un dato momento della sua vita. Partendo da questo presupposto la moltiplicazione non dovrebbe creare crisi di tipo schizoide, in quanto solo una fantomatica somma di tutti i profili creati e creabili sarebbe da interpretare come “identità” di un individuo.

 

Leggevo pero ieri che Paul Virilio ha detto questa cosa su Myspace: “Myspace è un esilio fuori dalla realtà, un esodo dell’identità. Si è persino impadronito della creazione artistica per virtualizzarla. Solo la pubblicità è capace di fare la promozione di un tale unoiverso. Questa fuga è tragica per l’avvenire”.

 

Il rapporto tra realtà e virtualità non entrava che di straforo nel mio pensiero di due anni fa, al momento non saprei esattamente quale posizione prendere. Di certo questa dicotomia presenta dei rischi che mi paiono evidenti e ben sintetizzati da Virilio, nascendo Myspace tutto quanto esiste fuori assume un’ottica diversa, i due universi sembrano essere in confronto a quanto dicono i membri. E siccome quello interno (come tutta la rete, ma qui in maniera più estrema) è provinciale (con provinciale intendo costruito da noi su misura in base ai nostri valori, senza che ci sia bisogno di confronto con le difficoltà. Pensiamo al tasto esclusione ad esempio) sarà di sicuro più agevole di quello esterno, più facile da viversi.

 

E temo ancora una volta una rete che tecnologicamente ci lascia incredibili opportunità, ma finisce per rendere la maggior parte degli utenti ancora più chiusi nel loro borgo digitale di quanto non sarebbe avvenuto con l’analogicissima realtà. La tecnologia sola non allarga purtroppo gli orizzonti e costruendo ognuno il proprio piccolo mondo virtuale, quello degli orizzonti limitati, dei mondi facili da gestire, delle vite tranquille, delle strette di mano, del monossido di carbonio (citando No Surprises dei Radiohead) diviene il nuovo grande rischio del futuro. Già più realtà di quanto sembri.

2 thoughts on “e-go (ovvero perché il blog è pleistocenico rispetto a myspace)”

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