Quello che veramente non riuscivo a capire erano i marciapiedi.

Erano i miei primi giorni a Parigi; giorni provvisoriamente accampati in un ostello di Clichy; giorni di uscite il mattino e di camminate sul suolo bagnato verso il métro.  Mi fermavo sistematicamente domandandomi, in queste splendide giornate di settembre, se avesse piovuto durante la notte senza che me ne fossi accorto. Guardavo il suolo umido e il cielo sereno, prima di ripartire.

Per qualcuno da sempre abituato a camminare a lungo emigrare significa questo. Nient’altro che un ulteriore e quotidiano aumento d’instabilità percepita.

Continuare a mettere un piede dopo l’altro e non riconoscere il sapore dell’aria, soffermarsi su dubbi ininfluenti e sorprendersi poi con il sorriso sulle labbra quel giorno in cui, uscendo prima del solito, s’incontrano i netturbini che ogni mattina passano a lavare il marciapiede.

Continuare a mettere un piede dopo l’altro e non sentire la stessa consistenza del marciapiede sotto le suole: più lucido e soffice qui che nella Romagna camminata per tanti anni.

Continuare a mettere un piede dopo l’altro fino al semaforo in fondo al boulevard. Al rosso appoggiare il gomito all’immancabile paletto che non ritroverei scendendo dall’aereo a Bologna. 120 centimetri di altezza, potelets li chiamano, bittes de trottoir, volendo essere volgari. Anche questo s’impara scrivendo una tesi.

Infine il verde, liberarsi di nuovo facendo attenzione al rivolo d’acqua mentre si scende, senza dubbio una delle più insidiose trappole in questa città, e poi attraversare la strada osservando le linee orizzontali al suolo, sovrapposte all’asfalto o al pavé e fissate con la fiamma. Da noi gli addetti comunali le verniciavano sulla carreggiata una volta l’anno appena qualche settimana prima che le scuole riaprissero.

A volte ho l’impressione che la differenza tra i due paesi sia tutta qui. L’Italia e le sue mani di vernice da ripassare ogni anno, per non dimenticare, la Francia e il suo marchiare a fuoco, come queste strisce pedonali che portano a Monceau.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.