Ci sono principalmente due notizie ridicole che arrivano dall’Italia in questi giorni.
La prima è la panzana (l’ennesima) legata all’attuale sovrano assoluto del piccolo stato di Città del Vaticano. Quest’ultimo era infatti stato invitato con una scelta dal tempismo davvero inesistente, a pronunciare un discorso presso una delle maggiori università dello stato confinante con il suo in occasione dell’apertura dell’anno accademico.
Un sovrano straniero all’università. A parlare di Etica, diritti e moratoria sulla pena di morte.
Un gruppo di professori e studenti ha manifestato la propria contrarietà finendo, tra l’altro, per farsi in parte sfuggire la protesta di mano senza che per questo essa sfociasse mai nella violenza. Il sovrano straniero ha rinunciato alla visita, riservandosi il diritto di mandar per posta il proprio discorso. Giusto per dare un bello schiaffo a tutti quanti.
Pronto ed allegrotto ecco giungere allora il coro dei demuniti di regime (demuniti di cervello, suppogo) che da ogni dove, destra, sinistra, centro, sopra, sotto e persino di fianco, hanno gridato alla censura, alla mancata libertà verso le parole di quel povero vecchietto impedito nell’esercizio delle proprie funzioni.
Ora, chiariamo subito le cose, un intervento come quello di Ezio Mauro di oggi è prettamente ridicolo, e lo cito solo peché è uno dei meno ridicoli tra tutti quelli che ho letto, e non sto a citarli, tanto sono tutti uguali (i politici neppure li cito, sarebbero byte sprecati). Ridicolo perché, chiariamolo, il sovrano dello Stato della Chiesa è tutto fuorché censurato. Ha un potere sul suo stato e sullo stato confinante che nessuno ha mai avuto; passa attraverso tutte le tipologie di media senza che nei suoi confronti sia mossa una singola critica. Passa attraverso i mezzi religiosi, attraverso quelli privati e attraverso quelli finanziati da cittadini di uno stato che non è il suo. La sua libertà di parola non è dunque certamente in questione.
La problematica che si pone qui è quella delle veci con cui questo caro vecchietto si esprime. Personalmente non ne posso più del suo permettersi di parlare in veste di politico per poi rifugiarsi dietro la veste del savio pastore religioso e viceversa. E’ automatico, succede sempre e soprattutto dopo l’ultima incoronazione vaticana la cosa è divenuta davvero troppo evidente.
Ammetto di rimpiagere i bei tempi in cui se il sovrano vaticano si impicciava troppo degli affari altrui c’era il Crispi di turno che non rispondeva alla provocazione, ma faceva prontamente erigere una statua al fraticello Bruno Giordano laddove era bruciato per l’intolleranza altrui allegramente espressasi nel rogo di Campo de’ Fiori.
Quando l’Italia prese Roma avrebbe dovuto spedirne via gli indesiderati ospiti (che dal 1929 per la cronaca non pagano le bollette per l’acqua, mi risulta. Figurarsi quanto ci metterebbero a tagliarla a me o a qualsiasi tra voi) e inviarli in qualche remoto possedimento da cui fosse scomodo intervenire nelle private vicende di chicchessia.
Cominciamo dunque a dire le cose come stanno. La libertà di parola in Italia è privilegio solo dei potenti, non di tutti. Andrea Inglese in un intervento su Nazione Indiana ne parla egregiamente. I piccoli, o meglio, io e voi, debbono solo stare zitti e appena provano ad aprire bocca, eccoli che diventano censori altrui per il semplice fatto di aver manifestato la propria contrarietà. In qualsivoglia modo.
Nessuno ha censurato il teologico sovrano dunque, semplicemente ha rinunciato a pronunciare il discorso di persona per fare un po’ di confusione, per mettere in uno stato di strategica sudditanza il paese vicino. Ha dei buoni strateghi costui.
Il ridicolo è il non riuscire a capire che una volta che un personaggio pubblico apre bocca, deve rispondere delle parole che dice all’interno del contesto in cui le ha dette. Non puo parlare da teologo delle leggi altrui, deve parlare da teologo della morale altrui, cosi come non puo parlare da sovrano della religione altrui, ma deve parlare da sovrano delle differenze tra la religione imposta ai propri sudditi e quella liberamente decisa dai cittadini dei paesi altrui. Per parlare della scienza e nel tempio della scienza, deve dunque porsi al livello della scienza, e l’ideale non sarebbe stato neppure lasciarlo fuori, diciamocelo, che significa rifiutare il dialogo, ma farlo entrare e contestarne le posizioni e l’atteggiamento. Questo sarebbe stato intelligente.
Mischiare i contesti, come sempre succede nella straziata penisola fa sempre e solo il gioco del più forte. E la presa in giro dei poveri, piccoli…presunticensori.
Sempre a riguardo c’è questa vicenda degli arresti domiciliari alla moglie del ben poco credibile ministro (sic) della giustizia italica. La famiglia è sotto gli occhi di tutti per l’uso a dir poco disinvolto che fa del denaro pubblico e del potere che ha all’interno delle istituzioni. Non è del resto la prima volta.
Ma ecco la casta, tutta intera, sorgere a difesa dell’indifendibile, gridando alla giustizia ad orologeria.
Ora, pensiamo a due cose fondamentali:
Prima di tutto si grida sempre “Giustizia ad orologeria”. Ogni volta che un giudice apra bocca su un politico la giustizia è ad orologeria. Forse sono io a non capire su cosa diavolo sia puntata questa sveglia della magistratura, ma a me pare che il termine orologeria rappresenti semplicemente un modo alternativo per dire “che riguarda un qualsivoglia politico vivente”, il che la renderebbe una sveglia caricata su un tempo abbastanza lungo da non permettere probabilmente neppure di poter parlare di orologeria, ma al massimo di calenderia, se volete.
Inoltre anche qui mi pare sia vigente la presenza di due pesi e due misure, l’impunità per chi è al potere, giustificata proprio dal potere stesso e la punibilità per chi non è al potere (li avete presente vero quei politici che in queste ore urlano alla cacciata degli studenti e al licenziamento dei professori implicati, vero?) giustificata dal suo non avere le chiavi del paese in mano. E la cosa non dovrebbe apparire normale e accettata da tutti. Almeno penso.
La conclusione finale comunque, sola ed unica, è che la straziata italietta in cui sono nato sia sempre più preda degli estremismi. Di ogni genere e di ogni colore. Il tutto mi pare sempre più simile al 1922, qualcuno ricorda? Erano quelli anni di estremismo in cui ognuno faceva quel che voleva, spesso in maniera violenta come oggi. Finirono con il ritorno alla calma e all’ordine: quello della mortifera dittatura. Non vedo perché le cose non potrebbero andare nello stesso modo una seconda volta, sarebbe del tutto lecito.
Ah, per la cronaca. Sia del papa che della moglie del ministro fuori dello stivale non se ne parla. Sono argomenti che non sanno assurgere ad alcuna importanza, sono ridicoli nel loro provincialismo. Non si tratta proprio di questioni di libertà, ma di piaghe proprie alla provincia italiota, che le sono proprie e che non possono essere comprese fuori di essa. E ammetto di essere contento in questo momento di non posare i miei piedi su un suolo talmente disposto a prendere per discorsi importanti, fondamentali e universali le proprie semplici convulsioni da malato terminale.
E ora che riguardo quanto ho scritto, mi accorgo che non traspare neppure un decimo dell’arrabbiatura che nonostante tutto avrei adosso e si, diciamocelo, l’eliminazione sistematica della quasi totalità classe politica e intellettuale italiana sarebbe perlomeno giustificabile, cosi come il mandare i blindati a invadere il Vaticano e metterne finalmente il simpatico sovrano su un aereo per una qualunque destinazione.
Potrei dimostrarlo in base alla logica più ferrea, ma in fondo perché farlo. Tutto questo fa parte del folklore di casa, di quel paese che, appena lasciato, ti pare cosi adatto per passarci le vacanze, ma non tanto (nonostante il mondo di fuori sia tutt’altro che perfetto) per tornarci a vivere. E la cosa più divertente è che riesca a dire tutto questo dotato del più evidente buon senso pur essendo garantista al massimo e tutt’altro che anticlericale. Mi pare evidente che abbia un potere magico l’Italia, quello di disintegrare quelle categorie che sembrano normali in tutto il resto del mondo; chi lo sa, magari il suo fascino deriva da questo…
Alessandro, scusami, non ti ho dimenticato.
Giusto un po’ di sana confusione e poco tempo. Ma sto arrivando, questione di qualche altra ora!!!
Sì, anche a me piacerebbe proseguire questa discussione, nonostante la distanza delle nostre posizioni, a cominiciare dalla valutazione storica sulla posizione della Chiesa nella vicenda Galileo. Che è quantomeno una questione storiografica aperta, e in quanto tale non dovrebbe essere portata come motivazione in un appello come quello sottoscritto dai 67. Non dovrebbe succedere, in una università, che un accademico dotato di sufficienti titoli per tenere una lezione (come è Ratzinger) si senta dire da dei suoi colleghi: “Tu non puoi venire a parlare qui perché la tua posizione sulla tale questione non ci piace”. Perché questo, sostanzialmente, hanno detto. Non solo: hanno anche fatto errori sostanziali nell’analisi e nell’interpretazione delle affermazioni del loro collega che dimostrano un’approssimazione da dilettanti e uno spregio totale del metodo dialettico e scientifico. Questo modo di procedere in un ambito accademico è oggettivamente censurabile.
Per me il punto di partenza della discussione deve essere questo, non può essere un altro. Proprio per salvaguardare quel principio di laicità che è stato messo in discussione. Rispetto a questo punto di partenza, e procedendo in modo correttamente laico, che Ratzinger sia anche un leader religioso di prim’ordine e di grande influenza è puramente accidentale. Ciò non vuol dire che le considerazioni che fai tu non siano valide e non meritino analisi e discussione, anzi. Però “prima” voglio dire che Ratzinger aveva tutto il diritto di parlare e di tenere una vera e propria lezione in quel contesto, e che le motivazioni “scientifiche” portate dai 67 erano sbagliate, pretestuose e anche un bel po’ irritanti. Poi posso considerare tutte le ragioni di opportunità, i motivi che rendevano sconsigliabile l’invito del rettore e che hanno generato un clima di avversione.
Se accetti la sostenibilità del mio punto di partenza si può proseguire 🙂
Ora dovrebbe essere a posto. Grazie mille per la segnalazione Jan
Il link al pezzo di Inglese non funziona, puoi correggerlo?
La motivazione è storica a mio avviso, nel senso che va cercata grazie alla memoria storica degli eventi e non nell’apparizione più recente e di cui è questione.
Deriva penso solo in parte dalle frasi (che per me restano ingiustificabili in ogni caso per chiunque conosca la storia del processo allo scienziato) in questione sulla ragionevolezza della chiesa nel processo a Galileo.
Derivano da una permanente invasione di campo all’interno di settori che negli altri paesi sono sostanzialmente separati dalla chiesa. Questa invasione di campo permanente porta ad una ideologizzazione costante. Solo in Italia il dibattito religioso influisce in maniera reale all’interno delle università e della loro gestione.
L’invito alla cerimonia più importante dell’anno accademico, in questa situazione di tensione permanente che, lo ricordo ancora, è unica, ha di fatto creato un movimento di protesta che in realtà giustifica sé stesso sulla base dei precedenti e non sull’occasione stessa. Lo si capisce con evidenza già dal testo scritto.
E la sola risposta corretta è quella che si basa sull’insieme dei fatti, non sul rumore dell’occasione. Naturalmente nessuno sembra intenzionato a sviluppare un processo di questo tipo.
Ma la chiave credo resti nel doppio ruolo del Papa soprattutto in Italia, quel suo essere autorità morale e politica allo stesso tempo (sugli altri paesi non si permette di aprire bocca, spesso, noterei). E’ il solito vecchio problema, ma che da noi assume sempre posture di scontro frontale.
Mi chiedo perché altrove si riesca sempre a parlare (anche qui ad esempio), ma nella classica situazione italiana mai. E’ assurdo.
Data la situazione il meglio sarebbe stato avere il Papa e qualcuno che sosteneva una posizione avversa a far da contraddittorio. Questo non toglie che a mio avviso ci siano tante persone che si possono chiamare in occasione di una lectio magistralis, e un esponente religioso (qualunque sia la religione) è forse il meno adatto all’università che si vuole laica e lontana dalle religioni di ogni sorta. Anche se professore di teologia, anche se vescovo, rabbino o imam della città sede dell’università.
Non si puo insomma non considerare l’importanza della politica e delle collusioni politiche di ogni tipo che un’organizzazione umana sviluppa necessariamente nel corso della storia. La chiesa non è esclusa dal novero. E per questo incontra resistenze, non per il suo messaggio.
Sarebbe ora di cominciare a considerare entrambi i piani in queste occasioni.
Spero di essermi più o meno fatto capire, ma è una discussione che mi farebbe indubbiamente piacere proseguire…
io avrei dedicato almeno due o tre righe alla pessima figura fatta dai professori mentre si arrabattavano a cercare un pretesto pseudoscientifico per dire che proprio quel sovrano non doveva mettere piede nel loro tempio. e non ne hanno trovato uno minimamente accettabile, o forse hanno cercato poco e male perché pensavano non ne valesse la pena. solo che così facendo hanno mostrato tutta la loro pochezza di scienziati. se non ci fosse tutto questo fumo sarebbe evidente che il fallimento più grande è il loro. in my very humble opinion.