Il mix di mezzi di comunicazione che utilizzo per informarmi non è tradizionale, soprattutto da quando vivo fuori d’Italia.
Leggo la versione online della Repubblica, del Guardian, di LeMonde. Spulcio Ansa e AFP. Sarà lo studio della materia, ma dell’informazione e della comunicazione preferisco la varietà e, quando possibile le fonti, non le interpretazioni. Quando ero in Italia compravo anche Repubblica e guardavo un minimo di televisione, qualche volta. Ora non più, l’ho abbandonata nella camera dei miei coinquilini e l’ho fatto con molto poco sforzo.
Non ho mai amato troppo il Corriere della Sera, troppo grande, una grafica troppo tradizionale e pesante per sostenerla durante il viaggio in treno per andare in università. Ho sempre letto e recuperato solo quegli articoli di cui venivo a conoscenza e di cui sospettavo il valore (meccanismi di fiducia strani a spiegarsi).
Leggo d’altronde, in questi ultimi due giorni, di ogni tipo di reazione riguardo l’editoriale di Mieli in cui il direttore del Corsera auspica una vittoria elettorale del Centro-Sinistra alle prossime elezioni politiche. Non capisco lo scandalo.
Comprendo come sia un qualcosa di inedito in Italia, ma succede in tutto il mondo che una testata, degli editorialisti, dei direttori, si schierino pubblicamente per l’una o per l’altra parte. Questo è anche un gesto che dovrebbe essere apprezzato, perchè sostenersi imparziali e comportarsi ad esempio come Emilio Fede credo dovrebbe essere sanzionato dalla legge; è una chiara menzogna. Soprassediamo tutti solo perchè nel caso specifico nessuno di noi è così sciocco da credere a quanto viene detto, la differenza tra l’informazione e lo spettacolo sappiamo ancora vederla.
Questo gesto, dicevo, dovrebbe essere apprezzato perchè permette al cittadino medio di leggere meglio l’informazione. Sapendo da che parte pende chi scrive, automaticamente ci comportiamo di conseguenza, dando al tutto un valore un poco diverso.
Quello che tuttavia mi stupisce davvero è il gridare allo scandalo, il non comprendere, il vedere le proprie certezze infrante perchè il povero Corriere, che è sempre stato imparziale, ora è comunista pure lui…
Discorsi come questi, che spuntano come funghi in queste ore, sono solo l’ultimo esempio di un’ignoranza in materia così ancorata nel nostro paese da fare rabbrividire.
Qualunque, e dico QUALUNQUE giornale, telegiornale, pubblicità, carta di gomma da masticare, quello che volete, prodotta da qualcuno, è un veicolo di valori; quelli del produttore.
Un giornale quindi non può essere imparziale, è sempre il risultato di una enorme serie di mediazioni redazionali, personali, contingenti, politiche, climatiche e chi più ne ha più ne metta.
Il discorso è allargabile a tutte le forme di comunicazione, non esclusi i blog. E’ questo un fenomeno vecchio e conosciuto dai ricercatori della materia. Agenda Setting si chiama e per chi fosse interessato, un breve riassunto è disponibile Qui.
Detto questo per i più disperati, i più scandalizzati, diciamo come stanno le cose:
Il Corsera è un giornale tendenzialmente di centro, liberale, abbastanza conservatore. Non si è mosso da questa posizione neppure ora. Semplicemente, a mio avviso, questo coming out del direttore sta a significare che il governo attuale ha deluso. Ha deluso le aspettative di una parte d’opinione che avrebbe potuto (forse lo ha fatto) sostenerlo. Questo articolo a me continua a sembrare lo sfogo di un liberale che deluso dal polo che avrebbe dovuto rappresentarlo, preferisce cercare un punto di approdo sulla sponda opposta, anche se più lontana. Per non cambiare il proprio modo di essere, per sostenere la propria indipendenza.
Se fossi di sinistra non starei troppo a gioire, se fossi di destra prenderei un attimo di tempo a riflettere invece di boicottare, invece di sbraitare. Che se tutti i poteri forti che tacevano o sostenevano la cdl alle ultime elezioni (perchè sì, lo facevano, la Confcommercio, Confindustria, etc…) ora si schierano dal lato opposto, forse non è questione di comunismo o di dittatura, ma di una parola molto più difficile da pronunciare,
che si chiama delusione