Strano l’effetto di svegliarsi di nuovo a casa il lunedì mattina. La tranquillità che resta solo se affiancata all’idea che entro qualche mese si ripartirà di nuovo (il luogo è ancora da decidere) e il sole caldo di fuori.

Mi manca una stanza in cui lavorare qui in casa, in cui tenere tutta la mia intellettuale voglia di essere sommerso dai libri e dalla cartaccia su cui sto lavorando, ma non per questo ho una scusa per evitare di farlo.

Prendo quindi in mano il Précis de sémiotique litteraire di Denis Bertrand, che ho quest’anno avuto il piacere di conoscere, e riprendo la parte di semiotica passionale per la tesi. La giornata dovrebbe essere tranquilla con magari una uscita verso sera. Mi andrebbe di passare la giornata a Beaubourg, ma prendere un aereo solo per andare in biblioteca dicono non sia molto comodo. Mi sa che resterò a casa alla fine.

Veloce commento di politica italiana. Personalmente apprezzo abbastanza i contenuti del decreto Bersani, ed anche i modi lo ammetto. Capisco bene come il decreto legge sia un metodo legislativo che non spinge al dialogo e al confronto, ma in questo caso penso che il fine principale fosse quello di dare un segnale rapido, di rompere con la linea seguita in precedenza, e quindi questo tipo di azione mi pare estremamente adatto allo scopo.

Ovvia e attesa oggi è scoppiata la protesta dei tassisti, così poveri e mal pagati in Italia rispetto al resto del mondo (non cogliervi ironia sarebbe un reato). Che fare? Beh, ovvio che a toccare dei privilegi si mostra sempre il fianco a rappresaglie da parte di chi li perde, ma cedere sarebbe oltremodo negativo. Bisogna piuttosto passare ora a colpire rapidamente anche le categorie che sono rimaste escluse da questo primo giro di liberalizzazioni, giornalisti in primis. Non credo che un risarcimento sia necessario per chi, già prima, godeva di benefici che non avrebbe dovuto avere. Forse meriterebbe qualcosa chi era appena entrato nella professione, ma giusto negli ultimi 12 mesi magari, non oltre.

E se gli scioperi e i blocchi continuano e i poveri passeggeri non sanno come fare a lasciare gli aeroporti cosa facciamo? Beh, aumentiamo rapidamente gli autobus e i treni. Inquiniamo meno, facciamo risparmiare i passeggeri e capiamo che, come nel resto del mondo, i trasporti pubblici possono essere una valida alternativa all’auto. Che sia guidata da noi o abbia il suo chauffeur incluso.

La normalizzazione di un paese tesa tra fantasia e folklore come il nostro passa anche da qui.

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