Se la parte sfigata dei blogger ancora si preoccupa di classifiche, di posizioni, di metodi di misurazione e di vendita, del proprio io e del proprio vicino, i problemi altrove appaiono sempre più evidenti.

Nulla di diverso rispetto al mondo reale, nel quale la parte sfigata degli uomini concentra le proprie preoccupazioni attorno ad una parola unica ed irripetibile. Progressiva adirittura.

 

Crescita

 

C’era oggi un editoriale meritevole assai su LeMonde, il problema della crescita o, se preferite, la crescita come problema.

Soluzione moderna a tutti i mali del pianeta la crescita è sulla bocca di tutti, economisti, politici, giornalisti, imprenditori, cittadini qualunque. Quasi questa crescita fosse diventata essa stessa un valore invece che un fine per giungere ad una posizione migliore rispetto a quella di partenza.

Inutile dire che l’ossessione della crescita, fenomeno valutabile esclusivamente in termini matematici, strettamente misurabili, sia chiaro, è totalmente cieca di fronte ai problemi pratici legati all’ambiente e, direi, persino alle condizioni di vita degli esseri umani. Il sarkozista “Lavorare di più per guadagnare di più” si iscrive perfettamente all’interno di questa ottica in cui anche il benessere personale viene calcolato in euro o in ore di tempo libero. Ma quale valore possiamo dare, in pratica a questo surplus, come usare il denaro in più o la migliorata produttività? Questo no, nessuno si azzarda a dirlo, giusto per evitare di doversi sottoporre a dolorose ammissioni o, più probabilmente, ad imbarazzanti scene mute.

Il prodotto interno lordo annuale di un paese non conta la degradazione dell’ambiente, non conta il numero di suicidi, non conta la presenza di situazioni di clientelarismo incancrenito come quella italiana. Paradossalmente non include il fenomeno stesso che è alla base della sua costituzione: l’uomo.

L’ossessione della crescita è la nuova ideologia portante dei nostri giorni e, forse proprio per questo, si permette di astrarsi rispetto a qualsivoglia fenomeno riconducibile al sociale. Citando Nicolas Ridoux grazie all’articolo di LeMonde (che trovate qui) “Tra il 1978 e il 2005, il Pil in Francia è cresciuto dell’80%. Nello stesso tempo la disoccupazione non è diminuita, ma è raddoppiata passando dal 5% al 10%”. L’occupazione non migliora con la crescita, anzi, probabilmente peggiora. E si potrebbe costruire un esempio similare con quasi qualsiasi altro indicatore sociale. La crescita non è buona forse?

Siamo in un mondo in cui cresciamo ad una velocità vicina al 5% annuale. Questo non significa che i poveri siano meno poveri rispetto a prima; questo non significa che le guerre siano meno di prima; questo non significa che ci sia un qualunque miglioramento in termini sociali. Nessuno.

Un po’ mi scoccia riprendere ancora la distinzione pasoliniana tra progresso e sviluppo, uno basato sui numeri, il secondo olistico, basato su tutti i criteri sociali immaginabili; eppure non trovo un’idea migliore.

Una minoranza ristretta delle persone in rete ritiene una classifica, ritiene una misurazione qualcosa di utile, una minoranza ristretta delle persone nel mondo reale ritiene la crescita strettamente intesa un qualcosa di utile, eppure sono loro che tirano la carretta di questi giorni.

E astrarsi serve a poco, e considerarsi diversi serve ancora a meno. La massa silenziosa non esiste finché essa non prende lo strumento della parola al fine di forgiarla e farne un nuovo strumento di ricostituzione. Ecco la sola possibilità.

Oggi ricomincio a ricostruire la mia parola all’interno di questo breve testo che farà meno rumore di qualsiasi altro post relativamente inutile sull’ultima socialbazza o sull’ultima fondamentalutility di moda. Non sarebbe male se si cominciasse a sentire anche una certa eco. Entro qualche settimana poi avrete anche un altro tipo di mia parola a disposizione. Per ora non anticipo altro oltre al fatto che sarà pesante come una pietra questa volta.

One thought on “Crescere senza finalità alcuna”

  1. Non deve scocciarti “riprendere ancora la distinzione pasoliniana tra progresso e sviluppo” perché questa è la distinzione che fa la differenza.
    Attualmente non è più concepibile parlare di crescita, potremmo quasi dire che è antietico farlo.
    Manca tra l’altro un aggettivo alla parola sviluppo da te citata ovvero sostenibile (altrimenti sarebbe poca cosa la differenza con la crescita).
    Lo sviluppo sostenibile, concetto non ancora del tutto noto ai più e troppo spesso abusato, è dagli anni ’80 che circola, ed è da quel periodo che non manca mai, come voce, in qualsivoglia conferenza di carattere internazionale.

    Personalmente non vorrei più sentire nessuno far cattivo uso della parola ed esprimersi in termine di crescita dovendo in realtà occuparsi di sviluppo sostenibile.
    Ma per fare questo l’unico modo che conosco è la divulgazione, l’educazione e l’informazione.
    Credo che questi tre elementi siano i grandi assenti nella nostra attuale società.

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