Nascere in preda ad una terribile crisi d’identità.
A questo mi ha fatto pensare il nuovo logo del Partito Democratico quando l’ho visto ieri sera tornando a casa.
Qualche riflessione al volo dunque, da addetto ai lavori, ma non troppo.
Parto dalle uniche due note positive della faccenda, per poi passare a quelle negative, ben più numerose e pesanti a mio avviso. Pesanti e rappresentative di una serie di carenze generali di questo partito che nasce.
Positivo senza dubbio il fatto che il logo sia stato disegnato da un ragazzo appena 25enne, appena uscito dallo IUAV e, pare, estremamente promettente.
Il ragazzo ha inoltre studiato, non ci sono dubbi, come dimostrano le iniziali rappresentate nel logo e create grazie alla contrapposizione gestaltica tra i colori e non grazie ai classici contorni. Purtroppo in questo lavoro non leggo personalità.
Apprezzabile anche la forma del simbolo, il rettangolo al posto del cerchio. Simbolo predisposto quindi ad ogni utilizzo, dalla lettera alla visione a schermo e via dicendo. Questo potrebbe avere qualche impatto in caso di riproduzione sulle schede elettorali all’interno di un cerchio, ma è un elemento di rottura abbastanza piacevole tutto sommato, anche se è presto per dire quali effetti potrà avere.
Negativa senza dubbio invece la presentazione, almeno per quello spezzone registrato e visibile via Internet.
Non ho apprezzato la colonna sonora. A beautiful day degli U2. Per la presentazione del logo. Sono fondamentalmente contrario alla spettacolarizzazione della politica, soprattutto se fatta in maniera tutt’altro che fine. Il brano scelto non ha alcun riferimento alla storia del partito (vedremo che forse il partito non si rifà a nessuna storia) e neppure alla storia del paese. Se riteniamo che il giorno bellissimo debba semplicemente essere quello in cui il logo viene presentato il tutto mi pare tendere invece al grottesco. Questo senza aggiungere la personalissima notazione secondo la quale a me la canzone neppure piace.
Non ho apprezzato alcune espressioni che sono state utilizzate. Una tra queste, giusto per fare un esempio, l’espressione di “patriottismo dolce” che a me sinceramente suona veramente a vuoto. Un altro esempio potrebbe essere la frase pronunciata secondo la quale il verde rappresenterebbe l’anima ambientalista e laica del paese (il verde è laico???), il bianco per il sodalidarismo cattolico e il rosso le bandiere del lavoro e del socialismo. Ecco, purtroppo nessuno di questi simboli riesce a passare, schiacciato da quello ben più potente dell’identità nazionale. Di conseguenza il gioco non funziona. La somma degli addendi è diversa dalla somma dei loro valori. Il bello è che Veltroni ha anche detto che “un simbolo rappresenta in qualche modo l’identità di una comunità”. Speriamo di no, qui dentro non riesco a trovare nessuno dei valori che ancora spero siano propri alla comunità.
Non ho apprezzato la persistenza del ramoscello di ulivo. Il Partito Democratico doveva per molti rappresentare un momento di rottura. L’unico simbolo codificato culturalmente in maniera politica nel nostro paese che vi compare rappresenta un momento storico estremamente delicato, legato a una grande quantità di insoddisfazione da parte degli elettori del centrosinistra e di un sostanziale fallimento del progetto iniziale. Questo porterà senza dubbio allo sviluppo di una timia tendenzialmente disforica (per la cronaca vi farà probabilmente triste a vista). La rottura tanto domandata non esiste in questo logo mentre vi figurano il vago e una certa idea di tradizione ulivista.
Non ho apprezzato l’utilizzo dei colori e dello schema della bandiera italiana. Credo che nessun partito dovrebbe appropriarsi per il proprio simbolo dei colori nazionali. Nessun partito dovrebbe assumere su di sé l’intera identità nazionale, questo almeno in tutti quei casi in cui non ci sia un unico partito nella nazione. La chiave di lettura data da Veltroni purtroppo è proprio questa e inoltre, al di là di questo tentativo di inclusione totale che mi pare politicamente errata, come ho sostenuto sopra, i colori della bandiera italiana annacquano e rendono invisibile la simbologia delle tradizioni costituenti il Partito Democratico. Doppio errore quindi in questo caso.
Non mi piace il fatto che sia probabilmente di difficile lettura per tutta una serie di persone con difficoltà legate alla vista (come potrà mai leggere in modo accettabile questo logo un daltonico che confonde rosso e verde?)
Non mi piace che ci sia bisogno della traduzione, della scritta Partito Democratico in basso, quasi a spiegare di che si tratta, quasi a riconoscere lo scarso risultato del monogramma superiore che invece dovrebbe essere in grado di parlare, e bene, con le proprie armi.
Non mi piace soprattutto il grande vuoto ideologico che risulta dall’insieme. Questa mia affrettata analisi (se qualcuno ha modo di farmi avere una copia scaricabile della conferenza stampa di presentazione potrei fare un’analisi accurata e completa) mostra infatti come il risultato totale delle singole parti costituenti il logo adottato dal PD porti alla conclusione che esso nasca su un totale vuoto ideologico. Vuoto ideologico perché nessuno dei componenti del logo riesce a trasmettere alcuna passione, alcuna tradizione, alcuna peculiarità che non sia l’esperienza dell’Ulivo o un blando richiamo alla nazione italiana.
Nessuna passione intendo se il tutto non è spiegato come fatto in conferenza stampa, nessuna passione simboleggiata anche dalla rinuncia ad un simbolo forte che ha fatto ricadere la scelta sulle iniziali del partito. Credo sia una rarissima eccezione nel mondo della politica; manca un simbolo non linguistico forte (falce e martello, asinello, svastica, croce e via dicendo).
Un logo come questo potrebbe essere forse presente su una delle tante imitazioni del parmigiano reggiano presenti all’estero, su una scatola di pelati o di pasta forse, ma mai dovrebbe a mio avviso essere simbolo di un partito che pretende di nascere su una solida tradizione culturale.
Se è vero quello che dice Veltroni, ovvero che un simbolo rappresenta l’identità di coloro che vi si riparano dietro (e l’analisi semiotica ad esempio sostiene e dimostra questo da tempo), il Partito Democratico nasce in un limbo valoriale, in un’assenza di tradizione, cercando i propri voti all’interno di un ambito tanto allargato quanto indefinito.
Credo questo sia avvenuto per via delle troppe rischieste, delle troppe tradizioni da accontentare, dei troppi colori da mettere. Delle multiple identità insomma, che non lasciano ne emerga una unica o perlomeno riconoscibile.
Forse la vera rottura sta proprio qui, nel rinunciare ad ogni passato che sia anteriore al 1996 e nel cercare la propria identità esclusivamente nel futuro. Non credo tuttavia che il progetto commissionato mirasse a questo, non ne vedo gli elementi e nessuno ne ha parlato e per questo non mi resta che accettare che alla morte delle ideologie stia seguendo anche quella dei simboli portatori di un pensiero caratterizzato. Forza Italia è stata la prima, il Partito Democratico sembra seguire a ruota.
Fa sempre piacere leggere posizioni tanto solide e argomentate…
Sono assolutamente contrario alla tua analisi che mi pare avversa al partito democratico. Sei forse un popolare libertino che di popolare non ha niente? Suvvia.
Il logo direi che è avanti e con le idee di Veltroni si sposa benissimo, poi c’è gente a cui non va proprio a genio. Snob.
Guarda, io sono uno studente di grafica e da “esperto” del settore, ti posso dire che questo logo non è il massimo. Innanzi tutto come avete già detto, scontata e banale l idea di appoggiarsi sui colori della bandiera, inoltre rosso e verde sono stati fin troppo utilizzati nella storia dei logo fino ad ora, se questo doveva davvero comunicare un avvenuto cambiamento almeno un minimo di ricerca dei colori…una cosa del genere poteva andare bene vent anni fa, non oggi. c è cmq da dire che la graficha dei manifesti e dei simboli elettorali è da sempre la piu brutta e la piu scadente che si possa trovare in circolazione, e vedendo i simboli dei concorrenti, bisogna ammettere che questo simbolo è di qualità leggermente superiore a quelli degli avversari, anche se alcuni accorgimenti ( come i piccoli dettagli nei raccordi delle lettere, o il piccolo ramosciello d ulivo ) sono effettivamente troppo piccoli se si pensa che il simbolo sarà stampato, in bassa qualità, in dimensioni molto ridotte sulle schede elettorali, e percio questi particolari saranno difficilmente visibili. Una delle regole fondamentali per realizzare un buon logo è che mantenga la sua leggibilità sia a dimensioni piccolissime sia in dimensioni enormi. Ovviamente il mio è solo un giudizio dal punto di vista tecnico! Per la simbologia x esempio del ramosciello d ulivo non so dirvi se sia giusto o meno, posso dirvi cmq che è troppo piccolo!!! Il fatto invece di scrivere il nome per esteso, Partito Democratico, è una cosa molto comune, quasi sempre infatti il monogramma è accompagnato dal suo significato. Questo permette a chi lo vede di associare il nome al simbolo, e in futuro di riconoscerlo anche se non accompagnato dalla scritta.
Logo banale, scontato l’ appoggiarsi ai colori nazionali, neutro quasi al punto da apparire insignificante..insomma, non ci piace!
Inoltre non c’ è alcun richiamo a quell’ idea di cambiamento, di rottura, di discontinutà, che sono al contrario i punti forte della comunicazione verbale.
Fatevi un giro su Sbloob, c’ é un logo che é troppo uguale!
ciao ciao
simone
http://www.ilcomunicatore.wordpress.com
Sarà ma a me quel logo mi ricorda molto quello dell’esercito italiano
tanto che online girano anche nontizie del genere:
http://www.moderatamente.com/articolo.asp?val=3