Mentre aspetto con fiducia la mia fibra ottica seduto nella mansarda parigina vivo la rete a pezzi e bocconi, connesso qualche ora al giorno soltanto. Questa situazione singhiozzante mi obbliga, ma a volte mi fa anche felice, di leggere quanto viene detto tutto in una volta e di poter poi rispondere a freddo, il giorno seguente, a conti fatti.

Lo strascico forse più interessante di questi giorni che seguono l’appuntamento torinese è lo scontro interno alla blogosfera italiana che presenta, a questo punto credo sia evidente, almeno tre stadi, e presentandone un altro di partenza.

La base comune è quella di tutti coloro che non hanno un blog, che non leggono blog, che anche se leggono blog non sanno di farlo. Credo essi rappresentino almeno l’ottanta percento degli utenti italiani, ma non sono qui per parlare di loro. Non ora.

Troviamo poi i blogger a tempo perso, i blogger diaristici, i blogger egocentrici, quelli che la blogosfera contribuiscono a formarla certo, ma anche quelli che non vogliono o non sanno vedere oltre la propria pagina ed i propri commenti. Quelli che sabato non erano a Torino, che anche se sapevano non sono voluti venire, che no, non sono interessati a queste cose.

Troviamo in terza battuta coloro che si sono soprannominati in questi giorni come titolari di blog mediocri, per marcare la differenza con l’elite della blogosfera locale. Coloro che sono andati a Torino pieni di speranze, convinti di poter allacciare contatti con coloro che leggono da sempre e che sono tornati a casa accompagnati da una fastidiosa sensazione di delusione. Il BarCamp non è stato in grado di soddisfare le loro aspettative.

Ultimi, ma immancabilmente primi, troviamo loro, i famigerati componenti l’elite della rete nostrana, coloro che a Torino si sono ritrovati tutti e coloro che si dividono equamente tra il “forse si, abbiamo sbagliato un poco a stringerci a cerchio tra noi che già ci conoscevamo” e coloro che invece “preferivamo prima, quando eravamo meno e si discuteva meglio”.

Questa è la situazione attuale per come riesco a leggerla. Credo sia importante allora ragionare un poco su quanto si sta dicendo. A freddo e oltre gli scontri personali, per cercare di capire un poco.
I blogmediocri sono l’espressione migliore di una voglia presente di avvicinarsi al mezzo, a coloro che lo rappresentano. Voglia che tuttavia l’elite fatica a capire, e non riesce a cogliere per portare persone nuove nel novero della cerchia dei più noti.

Credo sia un fenomeno importante da analizzare quest’ultimo perché dimostra come i blogger della prima ora siano riusciti a costruire un’alleanza forte (per riprendere i termini usati durante il mio contributo torinese) che li lega bene o male tutti e come sia estremamente più facile per loro divenire autoreferenziali, stabilire collegamenti incrociati, commentarsi a vicenda piuttosto che aprirsi al nuovo. L’elite ha raggiunto una dimensione e una struttura tale da divenire in parte impermeabile agli stimoli dei singoli esterni.

Sia chiaro che sto generalizzando!

Questo fenomeno mi pare molto evidente dal modo di esprimersi di molti blogger che dicono chiaramente come non sia compito loro fare da balia ai nuovi arrivati, come leggano solo quello che reputano interessante, come loro scrivano e commentino solo per il proprio piacere, per la propria soddisfazione personale. Nulla di male chiaramente in questa posizione, ma essa ci permette di comprendere l’evoluzione delle cose.

Il blogger italiano non fa parte di una corrente, non fa parte di un movimento, è un singolo che fa quel che vuole. Questo atteggiamento è tipico del nostro paese molto più di quanto non succeda in gran parte di quelli esteri e crea tuttavia una frammentazione che è all’opposto di quanto la rete sociale come concetto sembra proporre.

Cosa succederà ora, ora che questa alleanza forte della prima ora ha già acquisito quei caratteri di chiusura, quell’aspetto sinistro nei confronti di chi la guarda da fuori? Cosa succederà ora che la prima accennata rivolta dei mediocri si è manifestata? Succederà che un ripensamento di quanto si fa dovrà avvenire nella mente di tutti quanti. Se da un lato l’elite continuerà a sembrare autoreferenziale nei confronti dei nuovi entrati, essi costruiranno nuovi legami al loro interno e prima o poi soppianteranno per forza di cose la vecchia elite. Se invece essa saprà aprirsi alle nuove contribuzioni, il declino sarà eventualmente dei singoli, ma l’effetto primario che si otterrà sarà l’arricchimento generale.

Il motivo che negli ultimi mesi mi spinge a parlare di una necessità pedagogica, di un bisogno di far scendere nell’analogico il mondo digitale è proprio questo. La fase di esplorazione tecnica non durerà a lungo, poi si aprirà la fase dell’esplorazione culturale che porterà alla creazione di un’identità definita dei blog. Altrove questo fenomeno è già avvenuto, qui da noi è ancora in fieri.

Si comincia solo ora a sentire la necessità impellente di spiegare, di inserire, di produrre sapere destinato ai non addetti, per gestire questa fase di transizione. Saper dare una vera definizione di blog, saper spiegare cosa sia un feed rss ad un novizio diviene ora più importante di una discussione sul blogroll, sulle classifiche o sull’autorevolezza. Diviene più importante perché è questo che “gli altri” vogliono sapere e hanno bisogno di sapere. I ritrovati tecnologici assumeranno rilevanza solo nella loro messa in pratica; bisogna capire come da affar da geek molto trendy il blog stia divenendo una cosa da persona normale che, ovviamente, di gingilli tecnici e discussioni su codici improbabili, non sa che farsene.
Per questo il mio intervento al prossimo BarCamp a Roma sarà sulla definizione stessa di blog, un qualcosa che mi pare tutt’altro che chiaro, tutt’altro che assestato se usciamo da una definizione tecnologica.

Che piaccia o no stiamo entrando nella fase culturale, quella in cui non sarà più la tecnologia a fare la conversazione, ma la conversazione a spostare a tecnologia.

Prendiamo spunto da quanto si dice riguardo Torino, che si sentano questi nuovi bisogni. Poi ognuno faccia come crede e come ritiene sia più giusto.

25 thoughts on “La rivolta dei blogmediocri”

  1. Beh, fortunatamente e sfortunatamente per ora il tempo sarà l’unica cosa che non puo perdere di peso. Ancora a modificare quello non ci siamo riusciti…

    Non sono invece d’accordo con quanto dici a livello culturale. A livello culturale il discorso sulle avanguardie è ben complesso ed esse secondo me non possono più esistere se non in maniera prettamente nichilistica come furono le ultime neoavanguardie italiane come spiega eccellentemente secondo me andrea inglese nei suoi ultimi post su Nazione Indiana.

    L’avanguardia culturale del resto non è mai stata formata dal successo popoalre, ma dal successo tra l’élite culturale di ogni paese. Per gli « acculturati » spesso cio che è popolare è fuffa. Si tratta(va) dunque di una autoacclamazione.

    Anche la differenza tra artisti e persone comuni è esplosa ben prima dell’arrivo della rete e non è oggi bene definibile, il commercio è la nostra stessa società, è divebuto il nostro intimo. Quale altra avanguardia ci puo essere che non sia nichilisticamente riduttiva?

    Il discorso élite credo che stia in piedi allorquando si parla di accesso. Chi fornisce accesso detiene potere e anche in rete, nonstante la frammentazione, l’accesso funziona ad hub, ci sono persone più potenti di altre.

    Io non cambierei il termine, possiamo usarlo in questo modo forse. Chi gestisce l’accesso alle informazioni per via del ruolo che ha assunto per bravura lo puo usare in maniera del tutto naturale per rinforzare la propria rete piuttosto che per distribuire e basta. E il concetto torna in ballo…

    Per le avanguardie poi faro un bel post in serata per domani, merita…

  2. Vero quello che dice Luca, il tempo ha il suo peso. specie quando ci si addentra in dibattiti come questo. Prese le misure al discorso si arriva rapidamete al nocciolo o ai noccioli della questione e scrivere oltre diventa impegnativo.
    Un’idea però che mi frulla in testa da qualche giorno è la seguente.
    Le elite sono forse un falso problema. O meglio, il discorso ha un senso se parliamo di opportunità di lavoro e di accesso al mercato ma li non si chiamano elite bensì oligarchie e hanno a che fare con il potere e l’economia. Se riestiamo nell’ambito del dibattito culturale e delal produzione di idee le elite si formano per acclamazione popolare (come i leader) non si scelgono a tavolino. Il problema in questo senso si potrebbe essere ribaltato. Gran parte del dibattito rifioriti con il web 2.0 e il social networking negli anni 70 e 80 era già avviato in molti ambienti underground, antagonisti e artistici. Un’elite diciamo. Luther Blissett, il cyberpunk, hacktivism. l’etica hacker. Quello che facevano artisti ieri lo fanno le persone comuni oggi e dato il rapidissimo ciclo di vita delle innovaizioni e della loro diffusione su scala globale il problema è proprio che è difficle individuare un’elite: un’avanguardia. la domanda è: cos’è oggi avanguardia, in che ambiti culturali troviamo qualcosa che non sia ad un passo dal commercio e accessbile ad una larghissima massa di individui o gruppi?.
    In questo senso il discorso delle elite non sta in piedi.
    Concludendo: si può parlare di elite sotto il profilo economico politico, non ci sono più sotto il profilo culturale. E’ un impoverimento? oppure significa che prima o poi e auspicabilmente le elite politoco professionali finiranno per sciogliersi come quelle intellettuali e culturali?

  3. Ma non lasciare la fine del commento dovrebbe semplicemente essere illegale!!!

    Che siamo, una conversazione o un’opera d’arte contemporanea che possiamo avvalerci del non finito?!

    E che diamine!!!!

  4. 2. Sono andato a controllare la pagina centrale del bzarcamp, il primo barcamp, quello a Milano.
    Non esiste in quella pagina una proclamazione così netta della regola della partecipazione, che si trova invece sottolineata nel manifesto di Torino e in quello di Roma, secondo me con fin troppa enfasi.
    Nel manifesto di Milano c’è un rinvio alle indicazioni generali dei barcamp, che suggeriscono un atteggiamento partecipativo, per la buona riuscita dell’incontro, ma non sono certamente normative.
    Nel mio caso specifico, per esempio, sono stato decisamente favorito, nella decisione di partecipare e nella fruizione della giornata, dalla marginalità dell’indicazione. Il contrario, al quale sono sottoposti ora quelli che andranno a Roma e che sono stati a Torino, mi avrebbe impedito più di quanto mi avrebbe aiutato, molto di più.
    Siccome non è vero, secondo me, che la partecipazione come norma aiuti i partecipanti, posso solo pensare che quello che rileva Simone qui, le elite, sia creato più dalla sottolineatura di quella regola, che dal meccanismo naturale dei camp o della blogsfera, ed è una riflessione non marginale, secondo me.
    (continua)

  5. Spezzo i commenti per non andare lungo.
    1. Mi viene in mente almeno un altro universo nel quale i protagonisti del movimento stesso, non erano certamente la sua elite. Aggiungo la considerazione perché altrimenti secondo me restiamo soffocati dalla parola elite, che in italiano è ambivalente e piuttosto restrittiva.
    Quel mondo era il jazz.
    I suoi protagonisti, Miles Davis, T. Monk, ecc. non potevano entrare nei locali in cui suonavano, e tranne qualche eccezione, hanno beneficiato pochissimo del successo del loro lavoro, in termini economici.

    Nei camp e nella blogsfera ci sono certamente dei protagonisti, che danno l’impronta al movimento, se diciamo delle elite secondo me confondiamo il discorso più di quanto ci diamo degli strumenti interpretativi utili a comprendere cosa sta succedendo e governarlo nei limiti del possibile.
    (continua)

  6. La blogosfera è ancora troppo giovane ed in continuo divenire per poter oggi fare dei distinguo senza cadere in contraddizioni già il giorno dopo. Come già accaduto per siti vari e “portaloni” (quelli in voga 5-6 anni fa) sarà guardandoci indietro, quindi tra un pò, che potremo distinguere i mediocri autentici.
    Ciao
    TZ

  7. Cerco di rispondere, brevemente per quanto mi sarà possibile, agli ultimi due commenti di palmasco e luca.

    Comprendo le ragioni di entrambi e sappiamo tutti che stiamo vivendo un periodo di transizione. Il blog sta acquisendo una definizione che mi pare essere non cosi vicina a come lo pensavamo qualche anno fa e purtroppo non riusciamo ancora a vederne bene i confini.

    Entrambi parlano di un fattore chiave, il tempo. Unico punto che la rete non sa espandere. Puo espandere la nostra capacità di muoverci nello spazio (virtuale), possono permetterci di incotrare molte più persone, ma non possono aumentare le ora della nostra giornata ed anzi, ne occupano una parte sempre maggiore.

    Credo che ogni discorso debba partire da questo presupposto.

    Il nostro tempo é ben limitato e chi ha una posizione di rilievo l’ha ancora più limitato degli altri, come dice Luca, che dovrebbe saperlo di certo meglio di me. Inoltre il tempo é denaro, da come lo impieghiamo dipende il conto in banca di fine mese.

    Secondo me la blogosfera si avvia verso una dicotomia netta, secondo le vecchie regole, quelle della società di tutti i giorni. I blogger stipendiati o che hanno fatto di esso uno strumento di vita e i blogger amatoriali, che fanno altro normalmente. La costituzione di un’élite é automatica.

    la differenza tra i due puo essere quella che intercorre tra gli appassionati di letteratura e i critici litterari o tra gli sportivi amatoriali e i professionisti. Non c’é nulla di male in questo. E sarà automatico poi che i professionisti intessano reti privilegiate tra loro, sia in termini di link che di rapporti sociali reali.

    Il fatto che frequentiamo persone a noi simili o che tendiamo allo strato sociale cui ci sentiamo idonei (senza neppure farci caso, ovvio), non l’ho di certo inventato io.

    Non si tratta allora di una critica all’élite, quanto di riconoscere dei cambiamenti in atto, l’alleanza debole dei primi blogger solo passione in Italia é arrivata al capolinea, ora si fanno largo quelli che sono divenuti professionisti, e agli amatori la cosa non piace. Non si tratta di escludere o includere coscientemente, si tratta di relazioni che si stabiliscono normalmente.

    Forse tutto risiede semplicemente qui. Il nuovo mondo segue regole tutte nuove, amplia le possibilità, ma non é poi cosi diverso dal vecchio!

  8. Scusate se introduco un elemnto di banalizzazione rispetto alle complesse e approfondite analisi socio- psicologiche compiute qui (lo dico senza nessun sarcasmo): io non ero a Torino, non conosco quindi esattamente ciò di cui si parla se non per quanto ne ho letto qui, e i nomi di élites citati mi sono quasi tutti ignoti.
    Però ho un blog da molto tempo, e riconosco che il gruppo di altri blog che leggo e cito e linko ha confini abbastanza rigidi: potrei dire di seguire gli aggiornamenti di circa quaranta blog italiani, di linkarne una ventina, di aggiungere un blog nuovo ai miei feed ogni mese o due, e di linkare qualcuno di nuovo una volta ogni settimana.
    Ma in questa limitatezza c’è una ragione assai banale e povera: non-ce-la-faccio. Come con le relazioni con i giornali, i canali televisivi, eccetera, aggiungere un elemento nuovo alla già intensa vita di letture e consultazioni è difficile e impegnativo. Siete mai andati a vedere i canali di Sky oltre il 700? Io mai: magari ci sono cose ottime. E non ascolto nuovi dischi di jazz da anni. E seguo pochissimi nuovi autori di fumetti.
    Giunti alla saturazione della propria ricettività, mettere in concorrenza con media familiari e noti nuove cose di cui ci vorrebbero altrettante settimane di frequenza per capire se davvero ci interessano, è un impegno ingombrante assai.
    Io quando scopro e mi affeziono a un nuovo blog sono molto contento. Ma non riesco a farlo succeeder quasi mai, e non per colpa di una scarsa offerta: ma di una troppa offerta.
    Poi valgono tutte le cose dette qui. Ma provate anche a figurarvi che le cose a volte siano più semplici.
    Luca S.

  9. Scusate sarò un po’ lungo.
    A Torino s’è parlato molto, forse non esplicitamente, di come attribuire valore ai blog.
    I contenuti prodotti dagli utenti, il copyright, l’open source eccetera.
    Il mio punto di vista da ascoltatore, è che al momento attuale il blog come attività d’occupazione del tempo libero, sia un concetto non più sostenibile.

    Volenti o nolenti, consapevoli o meno, la rete è ormai un medium capace di creare e distribuire valore aggiunto, il tempo che le si dedica quindi non è più “libero”, nel senso di privo di valore o dal valore esclusivamente personale o ricreativo. (Se fino a tre anni fa io mi divertivo a stare ore in rete per trovare una tariffa aerea 100 dollari migliore di quella dell’agenzia di viaggi, oggi 4 ore delle mie ore in rete per me valgono molto di più di 100 dollari, torno quindi a comprare in agenzia viaggi, se non trovo una tariffa in venti minuti… eccetera)

    I feed di cui si è tanto parlato, a me sembra non siano più uno strumento della rete, cioè uno dei tanti, ma siano un modo di usarla, cioè un sistema della rete, com’è stato detto esplicitamente. Così i tag.
    La centralità attuale di questi due strumenti, significa secondo me che l’informazione in rete ha già un valore troppo alto perché le sia permesso di farsi trovare in tempi lunghi o in tempistiche casuali – ovvero è già finito il modello tempo libero e siamo in un altro spazio.

    Chi in rete fa soldi oggi, sostanzialmente inventa e vende modi di distribuire contenuti a utenze selezionate (segui per esempio podtech di Robert Scoble e saprai nel dettaglio).
    Il punto è che già i feed e i tag sono selezioni, ovvero attribuzioni di valore. L’elite della blogsfera risulta più letta e più scintillante nella sua innovazione, perché sa usare i tag per farsi trovare, e sa usare i feed per trovare le conversazioni a cui partecipare, secondo me.

    Io leggo ancora i blog dai template, perché mi piace, ma so benissimo che ancora per poco questo mio modo sarà un vero “bloggare”, perché leggere i blog dai template significa credere ancora a uno che mette in rete delle cose sue e io le vado a vedere, mentre in realtà bloggare oggi significa piuttosto aggiungere il proprio pezzo a una conversazione condivisa da molti, nel senso che molti la creano e la usano, ma il valore è dato dalla capacità di raggiungerla in tempo e aggiornarla coincisamente. (Solo con questa velocità “alcuni” possono diventare “molti”)

    Su questi temi secondo me, Simone, non ci può essere catering intellettuale, ma soltanto partecipazione attiva. Chi non se ne accorge rincorre etichette, crede di bloggare perché usa splinder, crede di bloggare perché ci sono quattro sconosciuti che commentano le sue poesie da punti diversi dell’Italia.
    Non ci può essere catering perché il valore del nostro sapere è aggiunto, ancora, ma non capitalizzato. In altre parole non esiste fuori dall’esperienza 🙂
    Ciao, palmasco

  10. Non ho mai nascosto che secondo la mia visione la rete, la modificazione sociale dovuta al web, altro non siano che un’evoluzione netta solo fino ad un certo punto, delle strutture sociali esistenti.

    Su questo punto si scontrano due fazioni, quella diciamo americana che domina in rete di una differenza sostanziale del modello cui siamo partecipi ed una lettura più accademica, critica, che cerca di comprendere prima i punti di contatto con la realtà sociale e solamente poi, se del caso, gridare alla rivoluzione.

    Siccome qua non c’é nulla di chiaro, é dura per entrambe le posizioni sostenere i propri argomenti, anche se la posizione utopica rifiuta quelli avversi più facilmente, fidando nella propria attività “rivoluzionaria”.

    Questo non toglie tuttavia i miei dubbi, che rapporto c’é tra le vecchie regole sociali e la rete?

    Altra cosa di cui sono relativamente convito, e fortunatamente, é che rispetto alle costruzioni sociali precedenti la rete offra una maggiore possibilità di cambiamento nelle posizioni di potere. Premettendo tuttavia un accesso paritario alla stessa, tutt’altro che scontanto e per questo tema di primaria importanza ai miei occhi…

  11. L’oggetto della riflessione è interessante quanto complesso. Che un élite esista è evidente a molti, ma non a tutti, e non c’è da soprendersi che a negarne l’esistenza o a riconoscerla, sì, ma solo come il prodotto di una percezione (distorta) e dunque come realtà reale sono negli occhi di chi la vede, siano coloro che la costituiscono e ne fanno parte. Non è forse tipico di ogni élite avere così tanta consapevolezza dei ruoli, le funzioni e i privilegi che le appartengono e le sono riconosciuti (da cercare in tutti i modi di rimanervi ancorata) e, nello stesso tempo, rimuovere il dato di realtà con una disinvoltura che ai “mediocri” suona come una miopia poco credibile? Chissà se e quanto di questo sia da ricondursi a quel senso di colpa per cui “chi è sopra” deve rifuggire l’idea di una qualche responsabilità nei confronti di “chi è sotto” o comunque di essere l’artefice di una distinzione, di una spaccatura. In questo senso, credo che l’ipotesi di una riproduzione di dinamiche sociali proprie del mondo reale sia plausibile. Ho cercato altrove – nel bel mezzo delle polemiche recenti sull’argomento – di esprimere poprio questa idea di replicazione di logiche che regolano, direi hanno sempre regolato, il sociale. Lo spunto, seppur piccolo, di riflessione è stato ignorato.
    Più difficile dire se c’è un meccanismo di alternanza per cui un’élite viene scalzata e sostituita dai nuovi…

  12. For english readers: this is a post that takes part into a conversation started int Italian Blogoshpere about Italian blogosphre, so i dcided to write it in Itlaian first and make an english version available as soosn as possible.

    Mutazioni della scrittura, commenti, blogosfera, elite, questo grossolanamente è il percorso che mi ha portato ad intervenire in un dibattito che si snocciola tra le “case” di Antonio Sofi, Simone Morgagni e l’onnipresente Mafe che invidio ed ammiro tantissimo per la fertilità multitasking del suo pensiero. Ma le donne, si sà, hanno un marcia in più.

    Usando le categorie nelle quali si è divisa la blogsfera e a giundicare dai dati di traffico, dai commenti e dalla sua età il sottoscritto ed il suo blog sono fieri componenti dei blogger mediocri. La differenza rispetto ad altri “mediocri” la fa forse la ripulsione alla lamentala che mi porto dietro si dalle elementari e che da sempre consider altra forma di autoreferzialità, magari più sterile ma tale.

    Comunque provo a tirar giù due idee mediocri essendo, la semiotica e la letteratura solo due antiche aspirazioni per ora rimaste tali.

    La blogosfera non è la prima declinazione “conversazionale” apparsa sulla rete: forum e chat hanno una storia gloriosa alle loro spalle eppure non mi hanno mai coinvolto più di tanto. troppo frammentarie, specialistiche, intimistiche forse. non so. I blog sono un’altra cosa. Sarà il mezzo tecnico, sarà quel che darà ma i blog hanno una qualità ed una “pubbilcità” che di fatto ne elevano il conteuto ed il valore. Per questo partecipare alla conversazione richiede un impegno che spesso va al di là del normale. L’ora le 2:25 del mattino del 10 dicembre del 2006 ne sono un indice. Più che di essere mediocre mi sorge a volte il dubbio di essere “socilamente disadattato” o infinitamente “ecogenctrico”.

    Ma questo è e altro non è dato. Quindi avvertirei i blogger mediocri che il prezzo da pagare per entrare nella “elite” è alto.

    Di fatto, poi, mi trovo d’accordo con Mafe sulla mobilità dell’elite. Il problema è quello della long tail probabilemente e della difficoltà a scapparne fuori.

    Personalemte, a Torino non ho avuto problemi a Parlare con diversi esponenti dell'”elite”. Vittorio Pasteris, Riccardo Cambiassi, Stefano Vitta, Lele Dainesi, Diego Bianchi, Luca Mascaro, Emanuele Quintarelli. Tranne gli ultimi due, gli altri li conoscevo solo attraverso i loro blog e la loro attività sulla rete. Certo avevo un argomento “forte” per rompere il ghiaccio, l’organizzazione del RomeCamp ed il punto è forse proprio questo.

    La conversazione nella blogosfera è olistica, omnicomprensiava. Personalemnte mi trovo a scrivere ora dopo aver letto di programmazione, politica, letteratura, semiotica e diversi altri ambiti disciplinari. Il problema quindi, non credo si definitorio, come lo pone simone morgagni ne solamente pedagogico. Imparare l’usa dei feed o delle piattaforme di blogging non credo sià più difficile che apprendere l’utilizzo della e – mail che pure, oggi è all aportata di tutti.

    Si tratta invece di “educare” le persone alla partecipazione, alla comunicazione, allo studio e alle relazioni personali. Cosa non facilee che non è riuscita ne alla scuola ene alla politica se non in periodi storici particolari.

    Per conversare bisogna partecipare e non è un caso che l’elite dei blogger spesso corrisponda a quei nomi che peregrinano per conferenze e appuntametni divulgativi. I top blogger partecipano e poi conversano, sperimantano sulla rete e poi conversano.
    I top blogger sono, spesso anche quelli che hanno un maggiore back ground nell’uso della rete e si occupano di comunicazione da tempo. hanno esperienza. Ma tutto mi sembra normale.

    Sono d’accordo anche sulla questione della percezione. Spesso da fuori si ha una percezione diversa di dinamiche e relazioni che hanno una loro storia e una loro natura.

    L’importante è non farsi inibire dalle proprie percezioni e adereire alla “conversazione” con tutto quello che comporta.

    Utilizzando i commenti come “metrica” per il successo di un blog si rischia di cadere nelle stesse problematiche che affliggono le statistiche con qualche aggravante.

    Blog stracommentati non necessariamente contengono contenuti di qualità. Basta una accurata selezione degli argomenti caldi e un pò di malizia e si scatenano baillamme a non finire sul sesso degli angeli. Scrivere pezzi “più” difficli e a volte “innovativi” invece può determinare invece l’assoluto isolamento perchè prima di commentare o rispondere è necessario riflettere ed approfondire un tema che spesso non è alla nostra portata. ciò non significa che non sia interessante per molte persone e che non si venga letti.

    Per questo, momenti come il BarCamp sono utili e riscuotono a mio giudizio successo. Facilitano la partecipazione e auspicabilemente allargano la discussione. Prima o ppoi l’elite crescera o si modificheranno gli assetti.

    Il fatto che ci sia uno spazio dove “teatralizzare” la conversazione in rete mi sembra una interesante chiave di volta per garantire che il ricambio del’elite da un lato e la percezione della blogosfera dall’altro si ricolleghino e se faccia sintesi.

    Certo l’ultimo intervento risolutivo di b.georg ra commento del post di Sofi ende tutto lo sproloqui soprastante quasi inutile. Mi sembra un’analisi che sebbene complessa squarci il velo sul medium internet inteso come “testo” nel senso più ampio possibile e sulla sua capacità di incidere nei rapporti con gli altri da un lato e con noi stessi dall’altro.

    Per molti versi mi riporata a delle riflessioni scatenate dal pensiero di Carlo Infante in Performing Media che ho fa poco letto e sulle quali magari cercherò di far sintesi prossimamente.

    Data l’ora comunque ela quota che stanno prendendo i pensieri rinvierei ogni altra considerazione a data da destinarsi.

    Un saluto a tutti.

    PS.

    Certo dai BarCamp scaturissero progetti comuni sui quali confrontarsi il problema dell’elite si ridimensionerebbe di molto.

  13. For english readers: this is a post that takes part into a conversation started int Italian Blogoshpere about Italian blogosphre, so i dcided to write it in Itlaian first and make an english version available as soosn as possible.

    Mutazioni della scrittura, commenti, blogosfera, elite, questo grossolanamente è il percorso che mi ha portato ad intervenire in un dibattito che si snocciola tra le “case” di Antonio Sofi, Simone Morgagni e l’onnipresente Mafe che invidio ed ammiro tantissimo per la fertilità multitasking del suo pensiero. Ma le donne, si sà, hanno un marcia in più.

    Usando le categorie nelle quali si è divisa la blogsfera e a giundicare dai dati di traffico, dai commenti e dalla sua età il sottoscritto ed il suo blog sono fieri componenti dei blogger mediocri. La differenza rispetto ad altri “mediocri” la fa forse la ripulsione alla lamentala che mi porto dietro si dalle elementari e che da sempre consider altra forma di autoreferzialità, magari più sterile ma tale.

    Comunque provo a tirar giù due idee mediocri essendo, la semiotica e la letteratura solo due antiche aspirazioni per ora rimaste tali.

    La blogosfera non è la prima declinazione “conversazionale” apparsa sulla rete: forum e chat hanno una storia gloriosa alle loro spalle eppure non mi hanno mai coinvolto più di tanto. troppo frammentarie, specialistiche, intimistiche forse. non so. I blog sono un’altra cosa. Sarà il mezzo tecnico, sarà quel che darà ma i blog hanno una qualità ed una “pubbilcità” che di fatto ne elevano il conteuto ed il valore. Per questo partecipare alla conversazione richiede un impegno che spesso va al di là del normale. L’ora le 2:25 del mattino del 10 dicembre del 2006 ne sono un indice. Più che di essere mediocre mi sorge a volte il dubbio di essere “socilamente disadattato” o infinitamente “ecogenctrico”.

    Ma questo è e altro non è dato. Quindi avvertirei i blogger mediocri che il prezzo da pagare per entrare nella “elite” è alto.

    Di fatto, poi, mi trovo d’accordo con Mafe sulla mobilità dell’elite. Il problema è quello della long tail probabilemente e della difficoltà a scapparne fuori.

    Personalemte, a Torino non ho avuto problemi a Parlare con diversi esponenti dell'”elite”. Vittorio Pasteris, Riccardo Cambiassi, Stefano Vitta, Lele Dainesi, Diego Bianchi, Luca Mascaro, Emanuele Quintarelli. Tranne gli ultimi due, gli altri li conoscevo solo attraverso i loro blog e la loro attività sulla rete. Certo avevo un argomento “forte” per rompere il ghiaccio, l’organizzazione del RomeCamp ed il punto è forse proprio questo.

    La conversazione nella blogosfera è olistica, omnicomprensiava. Personalemnte mi trovo a scrivere ora dopo aver letto di programmazione, politica, letteratura, semiotica e diversi altri ambiti disciplinari. Il problema quindi, non credo si definitorio, come lo pone simone morgagni ne solamente pedagogico. Imparare l’usa dei feed o delle piattaforme di blogging non credo sià più difficile che apprendere l’utilizzo della e – mail che pure, oggi è all aportata di tutti.

    Si tratta invece di “educare” le persone alla partecipazione, alla comunicazione, allo studio e alle relazioni personali. Cosa non facilee che non è riuscita ne alla scuola ene alla politica se non in periodi storici particolari.

    Per conversare bisogna partecipare e non è un caso che l’elite dei blogger spesso corrisponda a quei nomi che peregrinano per conferenze e appuntametni divulgativi. I top blogger partecipano e poi conversano, sperimantano sulla rete e poi conversano.

    I top blogger sono, spesso anche quelli che hanno un maggiore back ground nell’uso della rete e si occupano di comunicazione da tempo. hanno esperienza. Ma tutto mi sembra normale.

    Sono d’accordo anche sulla questione della percezione. Spesso da fuori si ha una percezione diversa di dinamiche e relazioni che hanno una loro storia e una loro natura.

    L’importante è non farsi inibire dalle proprie percezioni e adereire alla “conversazione” con tutto quello che comporta.

    Utilizzando i commenti come “metrica” per il successo di un blog si rischia di cadere nelle stesse problematiche che affliggono le statistiche con qualche aggravante.

    Blog stracommentati non necessariamente contengono contenuti di qualità. Basta una accurata selezione degli argomenti caldi e un pò di malizia e si scatenano baillamme a non finire sul sesso degli angeli. Scrivere pezzi “più” difficli e a volte “innovativi” invece può determinare invece l’assoluto isolamento perchè prima di commentare o rispondere è necessario riflettere ed approfondire un tema che spesso non è alla nostra portata. ciò non significa che non sia interessante per molte persone e che non si venga letti.

    Per questo, momenti come il BarCamp sono utili e riscuotono a mio giudizio successo. Facilitano la partecipazione e auspicabilemente allargano la discussione. Prima o ppoi l’elite crescera o si modificheranno gli assetti.

    Data l’ora comunque rinvierei ogni altra considerazione a data da destinarsi.

  14. Le percezioni sono oggetto di analisi da millenni.
    Sono soggettive e passibili di mille fraintendimenti.
    Possono a volte essere essere rinforzate da principi chimico fisici, ma spesso basta una scrollata di spalle per far cadere pure queste certezze, ma..fatta questa piccola premessa filosofica..Mafe, se tutti, escluso voi, hanno notato la chiusura o criccagine, perché ti continui ad arrampicare sugli specchi dicendo che non la sentivi?

    Basta và! E’ a tratti irritanti leggere che se lo eravate non ve ne rendevate conto! Come se una modella dicesse “uh..non pensavo di essere bella, credevo che tutti mi fotografassero perché sono intelligente!”

    Lo siete, siete l’attuale elité, siete quelli più visitati e quelli più attendibili.
    Siete qualli che un qualsiasi giornale generalista contatterebbe se volesse fare un servizio giornalistico o se volesse proporre la stesura di un libro perché, al di là delle capacità scrittorie, è ovvio che una casa editrice proporebbe solo ad un blogger conosciuto di scrivere un testo!

    Vi siete fatti i cazzi vostri come è normale che facciano i gruppi..beh alla fine non c’è neanche molto da giustificarsi! Siete liberi come lo siamo noi!
    Avete la coda di paglia?
    Spero per voi di no! Inutile continuare a rivangare sta storia. Io mi sono sinceramente stufato e ho letto l’intervento di Simone solo perché veramente di spessore.

    Chiudo con un proverbio-minaccia delle mie parti:
    “Unu de babbi sà scantari”…

  15. …dal mio punto di vista sempre meglio preferibile la cricca al cric!

    Io non ho idea di quali siano i vostri programmi, di quando arriviate, di quando ripartiate e via dicendo. Informatemi e ditemi, poi potrei passare a proporre qualcosa da fare qui a Parigi a seconda dei desideri espressi. Questo il bello di ricevere qualcuno a casa propria, no?

  16. Dalla cricca al cric, il passo è breve e comunque tra due giorni siamo tutti a Parigi, perché non ci si vede da qualche parte? Tipo sabato? Apriamo sto cluster? Ci mandiamo i contatti via mail? Eh? Ammazza quanto so propositivo… vado a dormì.

  17. Proprio questo fatto della percezione mi interessa particolarmente, per vedere se i rapporti in rete seguono o meno la logica dei rapporti analogici.

    Dimostrarlo?

    Non é propriamente il mio terreno, credo servirebbero due, tre anni e una buona borsa di dottorato! Se mi trovi qualche sociologo interessato o qualche statistico folle gli preparo volentieri un bel protocollo di ricerca!

    Io di impegni son pieno fin sopra la testa, me ne lavo le mani! Pensa che dovrei pure cominciare a cercare qualcosa da fare la prossima estate per sopravvivere qui a Parigi l’inverno successivo… Brutta vita quella dello studioso!

    Anzi, se si viene a consocenza di qualcuno che cerchi una figura ambigua come quella di un semiologo con esperienza in pubblicità e nuovi media per il periodo luglio-ottobre speditemelo senza pensarci!!!

  18. Anchio 🙂
    Ma da dentro ti assicuro una cosa: pochissimi nella cosiddetta elite hanno consapevolezza della cricca (se vuoi lavoriamo anche a dimostrarlo, volentieri). Hai detto bene immaginaria: è percepita come tale dal di fuori, con pochissimi motivi reali. La metà delle persone che a Torino sembravano cricca si erano conosciute al Barcamp di Milano…

  19. élite con la é!!!

    Il punto risiede proprio qui. Questa immaginaria cricca di cui tanto si parla (immaginaria credo renda bene) lascia volontariamente entrare i nuovi oppure i nuovi entrano a forza e fanno fuori la vecchia cerchia, rilegandola in seconda battuta?

    Sto cercando di capire se si ripropone in rete un modello assimilabile a quello sociologico delle classi al potere.

    Questo é il punto di interesse primario. Solo che non riusciremo a dare una risposta in questi post, ci vorrebbe una super analisi che duri un annetto per avere conferme empiriche! E io tra poco vado a mangiare…

  20. Insomma, il punto del post é il seguente (che tutti facciano riferimento a questo bignami digitale!):

    Il sentimento manifestato ora da alcuni blogger significa che anche la blogosfera crea sempre un’elite chiusa con il passare del tempo e il consolidarsi dei legami?

    Di conseguenza, se essa non nota e non interviene sul fattore, é possibile che avvenga una sostituzione della stessa ad opera di soggetti che costruiscono una nuova alleanza?

    La rete insomma riproduce dinamiche sociali proprie al mondo reale senza apportare modifiche degne di nota?

    Questo é quanto volevo esprimere. Questa é la riflessione in corso.

  21. Beh, non sono stato a specificare chi o cosa sia l’elite! Aggiungo che i mediocri sono sempre i migliori, quelli coscienti di esserlo o quelli che per modestia si considerino tali.

    Per il resto non sta a fare questioni personali, sto conducendo una riflessione a lato che riguarda in gran parte anche la teoria delle alleanze di cui parlavo. C’é un po’ questa tendenza, che credo del tutto naturale e che é comune alla blogosfera come ad ogni altra attività umana.

    Non si tratta di un commento superficiale, ma di una questione critica da porsi davanti a coloro che vedono nella rete le rivoluzione definitiva.
    Io ogni tanto tiro il freno a mano, per vedere cosa succede e per discutere un poco.

    Al di là di questo, se l’elite cambia molto velocemente come mi fai osservare, non potrebbe essere proprio perché di formano cluster abbastanza chiusi che vengono presto superati dagli eventi? Sarebbe una conferma a quanto dico.

    Sia chiaro, nessuna vena polemica, io sto benissimo dove sono e posso permettermi di parlare sapendo che potrei stare più in alto o più in basso se volessi, quindi nessun rancore o gelosia. Giusto una riflessione che vorrei porre e che, se sentono in tanti, a qualcosa deve essere dovuta. Bisogna cercare di capire da cosa…

  22. Posto che io d’istinto mi arruolerei tra i mediocri, considerato che di questa presunta chiusura si discute da circa sei anni e “l’elite” è costituita sempre da persone diverse (a dimostrazione che non è affatto chiusa), tu per esempio non hai chiacchierato amabilmente in diverse occasioni con diversi gruppi chiusi? Se io sono mediocre, l’elite mi ha parlato; se sono elite, ho parlato con moltissime persone mai viste prima.
    Sei troppo in gamba per fare analisi superficiali: basta andare a un anno fa, e già trovi un’elite completamente diversa: http://www.blogdiscount.org/?p=221
    Vai al 2002, e poi vediamo se può essere davvero autoreferenziale un sistema che in 4 anni continua ad accogliere nuova “elite”

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