Ho pubblicato oggi il mio primo intervento sul rinnovato sito di Agli Incroci dei Venti. Nuova grafica, nuova avventura, vediamo dove andremo a finire. Lo copincollo qui sotto e vi invito ad andare a darci un’occhiata ogni tanto. 6 anni fa, io ho cominciato li…

 

 

Inauguro il nuovo arredamento di questo spazio web con una breve risposta all’intervento proposto da Giancarlo Livraghi qualche giorno fa e nel quale si trattava della stupidità umana e del cosiddetto ‘giovanilismo’.

Il giustissimo intervento di Livraghi potrebbe essere riassunto in un elogio dell’esperienza, e di tutti i vantaggi che da essa derivano all’interno di un mondo in cui l’essere giovani sembra sempre più assumere i connotati di un vantaggio ontologico. Dare merito insomma a chi di dovere, al di là dell’età anagrafica, e rispettare le caratteristiche di ognuno, le qualità personali, senza indulgere in artificiosi conflitti.

In linea di massima non vedo come si potrebbe essere in disaccordo con una posizione di questo tipo, ma d’altra parte mi vedo anche costretto ad ammettere come il ‘giovanilismo’ sia una delle poche speranze ancora presenti in questo paese. E sarebbe forse interessante chiedersene il perché prima di confutarla bollandola come stupidità.

Credo che questo conflitto derivi in primis dal fatto che si sia assistito ad una rinuncia al proprio ruolo da parte degli adulti. Questo il punto di partenza. Non mi interessa in questo contesto andarne a cercare i motivi, le cause, gli sviluppi. Lo prendo come dato di fatto che la società rende visibile.

I giovani oggi si trovano in una situazione paradossale; al primo colloquio di lavoro viene richiesta loro un’esperienza pregressa che non possono avere. Questo, naturalmente, avviene senza che le aziende manifestino la volontà di formare, prima di assumere. Ugualmente al momento di richiedere una borsa dottorale viene richiesto un elenco di pubblicazioni, quando la commissione sa benissimo che uno studente di laurea specialistica, in media, non ha alcuna pubblicazione proprio perché nessuno ha mai pensato di introdurlo in qualche modo in questo mondo. Eppure la lista delle pubblicazioni viene chiesta, e resta la presupposizione che si debba entrare nel mondo della ricerca in maniera autonoma, senza alcuna guida.

Sono solo due esempi tra tanti che mostrano la rottura che esiste tra il nuovo arrivato e lo stabilizzato, tra il neoassunto e l’esperto, tra il giovane e l’anziano. L’inseguire solamente il risultato ha fatto si che si perdesse di vista la necessità di tramandare il sapere acquisito, di trasmettere alla generazione successiva l’esperienza accumulata nel corso degli anni. Anche in questo contesto sembra infatti essere in vigore la più ferrea legge sul copyright: quanto ho appreso è mio, devo usarlo come arma per mantenermi in sella il più a lungo possibile per difendermi da chi arriverà dopo di me. Posizione alquanto discutibile ritengo.

Mi chiedo cosa sarebbe stato del genio di Leonardo se, presentatosi per la prima volta in bottega a Firenze, gli fosse stato chiesto direttamente di disegnare “La vergine delle rocce” senza passare prima qualche anno a fare i colori per il ‘maestro’, ad apprendere tecniche e segreti del mestiere. Forse il suo genio gli avrebbe comunque permesso di giungere a produrre i suoi capolavori, ma forse no.

Il ‘giovanilismo’ è una delle ultime speranze d’Italia. Speranza perché sogna un ricambio forte in cabina di regia, un ricambio che basa ogni sua speranza sul cambiamento stesso. Non lontano dalla posizione delle neoavanguardie degli anni ’70, in cui la finalità risiedeva nel cambiamento stesso.

Speranza quindi che si basa sul semplice calcolo statistico secondo cui, vista l’attuale situazione, anche prendendo giovani a caso ci sarebbe un’effettiva possibilità che le cose migliorassero perché fare peggio è davvero difficile. Inutile dire, ovviamente, che in fondo questa speranza resta solo paradossale e inconcludente perché i giovani di oggi non sono altro che il prodotto dei giovani di ieri e anche se questi ultimi hanno rinunciato da tempo a trasmettere il proprio sapere, a farsi carico di una degna formazione di chi verrà dopo di loro, l’educazione passa lo stesso, attraverso il semplice meccanismo dell’identificazione, dell’imitazione.

Mi chiedo allora se il conflitto, ritenuto artificiale da Livraghi e Sartori, non sia in realtà conseguenza reale di un cambiamento sociale in atto da lungo tempo che vede, in verità, la compressione temporale del ruolo di giovane e di anziano, categorie un tempo fortemente distinte e oggi spesso difficili da riconoscere tra loro.

L’utilità dell’esperienza è quella di poter essere trasmessa, e chi ne possiede in quantità a questo dovrebbe dedicarsi. Piuttosto che pensare alla semplice meritocrazia, sarebbe forse il caso di pensare ad un tandem in cui esperienza e innovazione possano dialogare tra loro e si possa cogliere il meglio da entrambe. Ma l’impressione che ha un giovane in questi casi è sempre quella di un dover chiedere a chi occupa il posto da tempo di “farsi un po’ da parte”, di assumere il ruolo che sarebbe suo, quello di aiutante e non più di dirigente. Impressione che si crea perché al giovane non viene mai chiesto di affiancarsi per tempo all’anziano, in maniera tale da ‘apprendere il mestiere’. E verrebbe davvero da chiedersi come mai.

C’è una netta rottura indubbiamente. E prima di chiedersi come mai i giovani cercano spazio a destra e a manca, bisognerebbe chiedersi come mai gli anziani non siano quasi mai preoccupati di preparare la propria successione nel migliore dei modi. La vita non è infinita per nessuno del resto, ma l’utilità collettiva è sempre più difficile da assumere rispetto alla propria. Con grande mancanza di previdenza.

Cosi facendo continuiamo a giocare sulle generalizzazioni e a dimostrare la nostra stupidità, raccogliendo le nostre speranze nelle richieste più paradossali: gli anziani che gridano “Spazio ai giovani!” e il datore di lavoro che continua a chiedere abnormi passate esperienze a chi si rivolge a lui pregando di potersela fare.

3 thoughts on “Nuova veste per Agli Incroci dei Venti”

  1. un po’ come Nesta e la nazionale, o no?

    …a proposito ho letto l’articolo di questa mattina del Manifesto, chiedo venia ma il parallelo sembra calzante;)

  2. Antonio, che piacere, come stai?

    I post infatti sono ormai degenerati a gossip sulla mia vita privata oppure a trattati sulla disperazione e sui mille modi per guadagnare cento euro al giorno senza che la finanza se ne accorga, ma tant’é… prendiamo quanto c’è!

    A parte questo… Una differenza tra le persone organizzate e quelle che non lo sono è sempre esistita e sempre esisterà, questo non voglio minimamente metterlo in dubbio. Quello che cercavo di far notare è piuttosto come ci siano oggi delle richieste senza che si siano preparati i giovani ad essere pronti alle stesse.

    Viviamo in un mondo in cui tutto viene millantato come facile da raggiungere, come se non ci fosse bisogno di alcuno sforzo per soddisfare i propri desideri. Secondo questa linea di educano i giovani, salvo poi chiedere a loro di premunirsi in autonomia e organizzarsi, sbattersi, darsi da fare. Ma se fino al giorno prima si è ripetuto loro che non ce n’era alcun bisogno?

    Ci sarà sempre qualcuno che si informa due anni prima e arriva puntuale in un mondo in ritardo, ma non credo che l’eccezione sia importante.

    Vale piuttosto la pena, credo, di domandarsi come mai chi richiede il risultato finale cerchi di non doversi accollare l’istruzione che potrebbe facilmente portare la massa a raggiungerlo. Mi pare un controsenso bello e buono, tutto qui. E anche questo fa parte del meccanismo sociale stesso mi sa.

    L’atteggiamento svogliato, deresponsabilizzato dei giovani mi sa che non nasca da sé, ma dalla situazione preesistente, e se c’è qualcosa che la semiotica insegna è proprio questo cercare di avere lo sguardo più ampio possibile.

    Non ho ancora vinto un dottorato (purtroppo, speriamo di averlo tra un annetto…la strada è ancora lunga e irta di qualsiasi cosa improbabile purché non comoda), ma il problema che mi attanaglia è: “come mai nessuno me ne ha mai parlato”? Né con me né con gli altri, non se ne parla, capita e basta, come cascasse dal cielo ad un certo punto della vita, e uguale è per il lavoro, per la politica, per quasi tutto.

    Mi viene da chiedermi come mai dato che non si tratta secondo me di un metodo per selezionare, ma solo di noncuranza, di disinteresse, che viene da più lontano che dall’ultima generazione…

    Ora non so come concludere, se tu ti scusavi per la lunghezza mi sa che io dovrei fare un pellegrinaggio penitente a Santiago de Compostela!

  3. Ciao Simone,
    è davvero molto che non commento anche se leggiucchio a volte i tuoi sempre “approfonditi” articoli (quasi quasi neanche più post sono! ;-).

    Oggi però commenterò perché giusto giusto in questo periodo sto avendo diverse rivelazioni dal mondo del lavoro specializzato e non.

    Allora, se è vero che ormai le aziende chiedono un’esperienza che è difficile acquisire, è anche vero che se da una parte c’è il giovanilismo, dall’altra c’è una massa di studenti, ragazzi e, putroppo, trentenni, che hanno perso la voglia di faticare, di fare la gavetta e di inventarsi un lavoro..anche di studiare credo!

    Io penso che se avesso voluto fare il dottorato di ricerca l’avrei deciso almeno due anni prima della laurea e avrei anche iniziato documentarmi sull’esperienza necessaria per accedervi.

    Bene..dimmi quanti, facciamo un esempio,degli aspiranti comunicatori hanno tentato di far pratica prima della laurea in qualche agenzia,durante qualche laboratorio o da soli a casa!

    Guardati bene attorno e analizza bene l’atteggiamento svogliato e deresponsabilizzato che hanno i nostri coetanei che, non hanno la colpa di non aver lavorato nella grossa azienda per cui fanno il colloquio, ma hanno la gravissima colpa di non essersi prodigati a capire cosa vogliono fare e a fare quel minimo di esperienza che forma più di quanto si possa pensare!

    Un esempio stupido..prima di vincere il dottorato tu quante cavolo di altre cose hai scritto? Quanto hai studiato proprio per questo? E’ stato un caso aver vinto? L’hai deciso all’ultimo momento?

    Scusa la lunghezza 🙂

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.